Nell’Italia delle mamme, del binario triste e solitario, del buongiorno tristezza, l’Italia melensa del gommoso centrismo democristiano degli anni Cinquanta, alcuni sassi gettati all’improvviso nello stagno confortarono i giovani dell’epoca. I più duraturi furono il rock di importazione e i cantautori, da Tenco, Bindi e Paoli in poi che, ognuno a modo loro, cantavano la vita vera, non sdolcinate storie d’amore.
I meno duraturi furono due artisti spigliati e scanzonati, che aggiunsero ritmo e umorismo: «Due grandi “simpatici”, uno a Sud (Carosone) e uno a Nord (Buscaglione)», li definisce Paolo Conte nella nota introduttiva al libro Sotto le stelle di Fred scritto da Marina Rota per Buendia Books. Renato Carosone si ritirò all’apice del successo, Ferdinando Buscaglione detto Fred il 3 febbraio 1960 morì in un modo da leggenda. Dopo una nottata al night, e poco prima di andare a girare il Carosello di una birra con Anita Ekberg, sex symbol dell’epoca, la sua cabrio biposto Thunderbird di colore rosa fu travolta all’alba da un camion. Fred, ancora in giacca blu coi bottoni dorati, fu caricato su un autobus e portato all’ospedale, ma morì prima di arrivarci, a 38 anni. Nei cinque precedenti aveva dato uno scossone all’Italia a suon di swing, autoironia, gergo giovanile o hard boiled, romanticismo a botte di whisky, bulli, pupe e gangster dal cuore tenero. Un romantico anche lui, ma senza melassa, anzi un raggio di sole nella grisaglia dell’epoca. E la sua morte fu davvero il rito di passaggio di una generazione, forse di un Paese, da un decennio all’altro.
Marina Rota riscostruisce la storia umana e artistica di Buscaglione inseguendo il suo fantasma in una Torino gozzaniana, notturna, un po’ vecchiotta, provinciale, fresca tuttavia d’un tal garbo parigino. Viaggia nel tempo, come in un sogno, guardando dalla finestra sul cortile del palazzo di piazza Cavour nella cui portineria il piccolo Fred è cresciuto. Dai tempi in cui il giovane Buscaglione era Nando ‘d piassa Cavour fino alle notti mondane di Roma, dal fatidico incontro con Leo Chiosso e dalla “carboneria del jazz” ai travolgenti successi, dalla bicicletta con cui attraversava la città della Mole alla Fiat 1400 color gianduiotto, e infine quando, nel 1959, fece la sua sfacciata comparsa, nella discreta eleganza di piazza Cavour, con la sua Thunderbird rosa, quasi sei metri di lunghezza, l’auto sulla quale troverà la morte.
Sotto le stelle di Fred non è una biografia, è un romanzo in cui la protagonista è una giornalista che, in compagnia del suo migliore amico, insigne e simpatico americanista, racconta il fascino del mondo musicale dell’epoca e i moti del cuore, rendendosi complice nelle tante “situazioni di contrabbando” in cui sarà coinvolta per scrivere la storia del “duro facile alle cotte”, che le riserverà… una sorpresa finale.
Sigaro, baffetti da sparviero, vestito rigato dentro cui nascondeva una pistola che non usa mai perché è un bandito dal cuore tenero, Fred Buscaglione sembrava un personaggio dei fumetti. Spaccone e diverntente, che alla fine era sempre lui a fare una brutta fine (in Che bambola viene picchiato da una donna, in Eri piccola sfruttato dall’amante, in Teresa non sparare addirittura ucciso dalla moglie). Amante del jazz classico americano, anzi degli Usa tout court (in Voglio scoprir l’America Cristoforo Colombo riesce a farsi dare le tre caravelle promettendo di importare Marilyn Monroe), e del whisky per dimenticare qualche delusione, anche se preferiva di gran lunga il Barbera. E ci aggiungeva di suo una vita sentimentale vivace che fu oggetto del primo gossip in Italia, a cominciare dalle nozze con Fatima, una contorsionista marocchina che diedero vita a una lunga serie liti e riconciliazioni. Su questa anima da playboy ironizzò lui stesso in Porfirio Villarosa, la vita di un casanova (che sarebbe Porfirio Rubirosa) che “faceva il manoval alla Viscosa”. Piaceva proprio per questa autoironia, era visto come un perfetto compagno di bevute e di spacconate in allegria. E forse l’immagine del duro iniziava a stargli stretta, visto che l’ultimo Buscaglione fu quello di canzoni malinconiche come Guarda che luna e Non partir. Annunciò il ritiro in un paio d’anni. Il destino provvedette prima, il 3 febbraio del 1960, dandogli quell’eterna gioventù che spesso consacra le leggende, ed evitandogli di invecchiare magari tristemente.
Dal 23 novembre prossimo, sarà disponibile l’album celebrativo che Tonino Carotone non poteva non dedicare al suo idolo. Così come il disco non poteva non intitolarsi Whisky Facile, il brano forse più rappresentativo dell’artista torinese con cui traghetta dalla rappresentazione del duro alla realtà della macchietta. Tonino Carotone è stato da sempre accostato alla figura del grande Fred, whisky, baffetto, l’amore per le auto sportive e l’immancabile sigaro. Ma è la sua originalità che sottolinea questo affascinante ed importante lavoro. Una rivisitazione di otto brani caratterizzati da sonorità attuali, tuttavia “religiosamente” fedeli alla filosofia dello stile istrionico del maestro dell’ora brava.
Che notte questa notte!! è invece il titolo dello spettacolo che Fred Chiosso, figlio di Leo, il paroliere di Buscaglione, porta in giro per il Paese con gli Aster Vejas. In repertorio il meglio dell’artista torinese, con mambi, rhumbe, cha cha cha e tipici standard degli anni Cinquanta. Nell’intervista rilasciata a Marina Rota e inserita nel libro Sotto le stelle di Fred, Chiosso racconta come «il personaggio di Fred fu il risultato della smodata passione di mio padre per Damon Runyon, l’autore di Bulli e pupe». E svela che la canzone Che notte quella notte «venne composta in seguito a un’indigestione di asparagi e Si sono rotti i Platters da una caduta rovinosa di Fatima mentre portava i piatti per apparecchiare la tavola. Che bambola (e non solo quella) invece è frutto di un duetto tra i balconi».