«Non sono d’accordo quando sento dire che si debbano escludere il nuovo nucleare o altre forme di tecnologia». Non è ancora la posizione ufficiale dell’Italia nell’ambito di quella che sarà la proposta della Commissione Ue sulla tassonomia verde europea, ossia la definizione di ciò che in Ue si considera in linea con il piano di decarbonizzazione, che dovrebbe essere resa nota entro la fine dell’anno. A questo punto, però, hanno un peso specifico le parole che il ministro della Transizione, Roberto Cingolani, ha pronunciato al Consiglio dei ministri Ue rispetto al documento nel quale la Commissione indicherà quali sono gli investimenti da ritenere sostenibili e, quindi, degni di finanziamenti agevolati.
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In Ue la discussione è aperta. Il nodo è sull’inclusione di gas naturale ed energia nucleare, risorse che alcuni Paesi indicano come necessarie per la transizione e altri osteggiano a favore di solare ed eolico. E Cingolani si è soffermato ancora una volta sul nucleare. «Non mi riferisco ovviamente al vecchio nucleare» ha detto. Per poi ribadire: «Prima, seconda e terza generazione in questo momento non le considero tecnologia nuove. Ma credo che, per il futuro dei nostri figli e nipoti, gli small modular reactors e soprattutto la fusione non possano essere fuori da un piano di visione, perché noi stiamo pensando a un futuro energetico molto più avanti che al 2030».
Cingolani ha definito la tassonomia un documento ‘rolling’, che va aggiornato probabilmente su scala annuale. «Credo che sarà un documento abbastanza ampio – ha commentato – non avrebbe senso un documento troppo verticale. Io ho detto che la transizione è una maratona, noi stiamo parlando oggi per il 2025, quindi se al 2030 possiamo considerare un futuro abbastanza prevedibile con le tecnologie attuali, dobbiamo anche avere il coraggio di pensare che fra 20-30 le tecnologie di oggi saranno desuete».
Immediate le reazioni, a cominciare da Europa Verde: «La posizione del ministro è inaccettabile perché con l’inserimento del nucleare nella tassonomia verde si dirotteranno risorse della transizione ecologica della Ue verso un’energia pericolosissima e costosissima sottraendole alle rinnovabili» commentano i co-portavoce nazionali, Angelo Bonelli ed Eleonora Evi. «Siamo esterrefatti – aggiungono – dal silenzio-assenso da parte di alcune forze politiche che nulla dicono di un ministro che in modo autoritario e senza confronto democratico ha deciso che il nucleare debba essere inserito come energia verde finanziabile dalla Ue». Nessun commento dal M5s, mentre non è un mistero la posizione della Lega. Già nei giorni scorsi Matteo Salvini aveva chiesto che il premier Mario Draghi prendesse posizione sul nucleare di ultima generazione, definito dal leader della Lega «sicuro e green». E ora si dice d’accordo con il ministro Cingolani.
L’Italia deve prendere una posizione, soprattutto dopo che alla Cop 26 l’Italia non ha sottoscritto (come fatto da Germania, Austria, Lussemburgo, Portogallo, Danimarca e Spagna) una dichiarazione contro l’inserimento del nucleare nella tassonomia Ue. Una dozzina, invece, i Paesi (guidati dalla Francia) che si sono schierati per l’inserimento dell’energia dell’atomo dalla quale, già oggi, deriva un quarto della produzione di elettricità dell’Unione (106 i reattori in funzione in 13 Stati, un paio dei quali hanno dichiarato di voler abbandonare il nucleare). Di fatto, sette Paesi hanno in programma di espandere le proprie capacità produttive, costruendo nuovi reattori. Una volta presentata la proposta della Commissione, entro sei mesi saranno però Parlamento e il Consiglio europeo a dire l’ultima parola. Almeno sulle sovvenzioni, che sono un punto cruciale. E restano molti dubbi, perché a fronte delle emissioni zero, ci sono i problemi che riguardano, ad esempio, la produzione e lo stoccaggio delle scorie radioattive.