Da oggi entrano in vigore alcune nuove restrizioni decise dal governo alla fine dell’anno scorso, che estendono notevolmente l’obbligo del Green Pass “rafforzato”, il certificato che si ottiene solo con la vaccinazione completa o con la guarigione dal coronavirus da meno di sei mesi. Ma c’è ancora chi mette in dubbio la necessità del vaccino. «Specie ora che sono disponibili diverse cure per il Covid, non si può infatti dimenticare che i vaccini in uso restano sperimentali e termineranno trials alla fine del 2023. Al di là di cosa viene detto, far entrare forzatamente le persone nella sperimentazione rimane un qualcosa che mi lascia molto perplesso», ha spiegato il professor Giovanni Frajese, endrocrinologo e docente all’Università del “Foro Italico” di Roma, al convegno scientifico “Pandemia, Invito al confronto”, organizzato dal Coordinamento 15 ottobre e dall’associazione ContiamoCi!.
Frajese ha definito assurdo l’obbligo vaccinale esprimendo forti critiche al dogma dei vaccini sperimentali e ricordando che in Danimarca quasi il 92% dei positivi è vaccinato. «I dati che ci arrivano dalla Danimarca, paese che ha il 75% di vaccinati, ci dicono che il 91,5% di persone vaccinate con doppia e tripla dose si è infettato con la variante Omicron e solo l’8,5% dei non vaccinati», fa sapere Frajese. «È quanto si sta vedendo oggi anche in Italia dove i vaccinati si stanno prendendo la Omicron che pare non essere grave. Ma questa situazione rende complesso sostenere la tesi che i non vaccinati diffondono la malattia». C’è, quindi, anche una buona notizia: «Omicron è quasi una soluzione del problema, è una sorta di vaccino naturale in quanto diversi studi mostrano che l’infezione con Omicron produce anche anticorpi per la Delta, la versione più antipatica».
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Per l’endocrinologo ci sono tante incongruenze. La prima, il fatto che un medico che abbia preso il Covid e abbia, quindi, gli anticorpi, debba obbligatoriamente fare il vaccino, la seconda è una considerazione sulle implicazione future per il sistema immunitario, in seguito alla somministrazione di vaccini a mRna. «Non sappiamo quanto dura l ‘immunità?», si chiede Frajese. «Non ci vuole una pubblicazione scientifica su Nature, basta guardare alla fisiologia. Vaccinare persone che hanno avuto la patologia non ha alcuna ragione né logica né scientifica. Uno studio pubblicato alcuni anni fa su Nature ha mostrato la presenza di anticorpi in coloro che hanno avuto la spagnola anche dopo 90 anni. L’immunità da malattia è a vita ed è crossreattiva poi i virus hanno mutazioni e noi l’influenza ce la prendiamo tutti gli anni. Dobbiamo considerare che il virus muta ogni singolo giorno».
Frajese ha ribadito inoltre la necessità di fare le autopsie, per avere ulteriori dati a disposizione: «Voglio fare un appello a tutti i colleghi medici: riprendiamoci la fisiologia. Fate per favore le autopsie, sui malati e sui vaccinati che muoiono, fateci comprendere le problematiche, se sono immunologiche o coagulative, abbiamo un bisogno disperato di studi anatomopatologici».
Il professore si poi è soffermato sugli effetti a lungo termine che il vaccino potrebbe avere sul sistema immunitario: «Uno studio olandese, in via di pubblicazione, sembra mostrare che i vaccini a mRna implicano una complessa riprogrammazione del sistema immunitario. Un altro studio mostra che la spike penetra all’interno del nucleo inibendo la riparazione del Dna: questo pone la questione di cosa succederà nei prossimi anni tra tumori e patologie autoimmuni. Naturalmente non è detto che ciò che eventualmente dovesse accadere sia permanente, potrebbe essere transitorio. Servono più studi, dati più solidi. La domanda è: siamo sicuri che stiamo facendo la cosa giusta? E poi è giusto voler vaccinare i bambini? Le pandemie durano circa due anni, se durano di più c’è qualcosa che non va, se il mondo dovesse dividersi in pre-covid e post-povid significa che le cose che sapevamo, inclusa la fisiologia, non serviranno più, ma significa anche che si sono prese decisioni a livello politico, non scientifico».