Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato in un lungo discorso televisivo alla nazione di aver riconosciuto ufficialmente le due repubbliche autoproclamate del Donbass, quella di Donetsk e Luhansk, che sulla carta fanno parte dell’Ucraina ma dal 2014 sono occupate da separatisti filorussi. «Ritengo necessario prendere questa decisione che era matura da molto tempo», ha detto. Un nuovo passo che sostanzialmente apre le porte all’ingresso delle truppe di Mosca nei territori del Donbass, in quanto non ritenuti dell’Ucraina, e quindi fa scivolare la crisi verso una possibile guerra. «L’Ucraina non è un Paese confinante, è parte integrante della nostra storia, cultura, spazio spirituale. È stata creata da Lenin», ha detto Putin.
Putin ha contestato il fatto che l’Ucraina non è mai stato un Paese con una storia e un’identità chiara ma che la sua storia è sempre stata legata alla Russia: «L’Ucraina non è mai stato un vero Paese. È stato contaminato dai virus del nazionalismo, del nazismo e dalla corruzione degli oligarchi. L’Ucraina ha sempre rifiutato di riconoscere i legami storici con la Russia e non c’è da meravigliarsi quindi per quest’ondata di nazismo e nazionalismo». Chiari gli attacchi alla Nato: «L’Ucraina ha già perso la sua sovranità, diventando serva dei padroni occidentali. Gli ucraini sono dominati solo da oligarchi interessati alle loro aziende ed a dividere l’Ucraina dalla Russia e non ai bisogni dei cittadini. Minacce permanenti sono arrivate dalle autorità ucraine per quanto riguarda l’energia. Continuavano a ricattarci sulle forniture energetiche e sono questi gli strumenti che hanno utilizzato nelle trattative con l’Occidente».
Altro che incontro imminente tra Joe Biden e il presidente russo, la tensione nell’est Europa raggiunge l’apice della crisi. Se da un lato la decisione di riconoscere Lugansk e Donetsk avrà un impatto pratico quasi nullo, risultando il riconoscimento di una realtà di fatto esistente ormai da otto anni, dall’altro questo equivarrebbe a scrivere la parola fine sul processo di Minsk, la mediazione internazionale portata avanti da Francia e Germania con Russia e Ucraina, mirata proprio a definire lo status dei due territori dentro il sistema politico dell’Ucraina.
Finora Putin infatti ha trattato Lugansk e Donetsk come parte dello Stato ucraino, nonostante Mosca fornisca loro sotto copertura sicurezza militare e sostegno finanziario. Ma adesso varcato il confine del riconoscimento c’è ora un’altra conseguenza, sicuramente più grave anche se inizialmente solo teorica: il via libera alla presenza di truppe russe nei territori di Lugansk e Donetsk. Basterebbe infatti una richiesta formale di aiuto da parte loro a Mosca, perché intervenga a proteggere la popolazione russofona.
Si tratterebbe di un’invasione? Mosca si sforzerebbe di dire che non lo è, poiché l’intervento militare sarebbe richiesto e limitato al territorio delle due repubbliche secessioniste e tecnicamente non si tratterebbe di un’azione contro l’Ucraina (almeno dal punto di vista della legge russa). Inoltre, sul piano dei costi e dei rischi, questa opzione militare limitata avrebbe il vantaggio per Mosca di essere condotta in territorio non ostile e con un costo economico infinitamente più basso di un’invasione che abbia Kiev come obiettivo. Riconoscere Lugansk e Donetsk è quindi per Putin un’alternativa allo scenario di invadere e occupare l’intera Ucraina.