Putin come l’ex presidente serbo Slobodan Milosevic? I generali russi saranno un giorno sul banco degli imputati come l’ex leader della Liberia, Charles Taylor? Il procuratore generale della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, ha ufficialmente aperto un’indagine ritenendo fondati i sospetti su crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi dalla Russia di Vladimir Putin in Ucraina. Diversamente dal 2014 (quando nessun Paese aveva chiesto un’iniziativa simile per fatti legati all’annessione russa della Crimea), questa volta una quarantina di nazioni (Italia compresa) ha sollecitato l’intervento della Cpi.
Più proseguono e si intensificano i bombardamenti russi sui civili ucraini – sia nelle città assediate sia nei corridoi umanitari in violazione dei cessate il fuoco – più crescono le certezze che la Russia stia effettivamente compiendo gravi crimini in Ucraina: la Russia non è accusata solo per il bombardamento di un ospedale a Mariupol, ma anche per esempio per gli attacchi con bombe a grappolo nella zone di Kharkiv e contro un asilo a Okhtyrka, nell’est dell’Ucraina, e per l’uso di bombe termobariche – particolarmente potenti e con effetti più devastanti di quelle ordinarie – in aree densamente popolate dai civili.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha definito l’attacco a Mariupol un «crimine di guerra», come aveva fatto nei giorni precedenti per altri bombardamenti russi contro obiettivi civili. Anche la vice presidente Usa, Kamala Harris, ha detto che «dovrebbe assolutamente esserci un’indagine sui crimini di guerra» attribuiti ai russi in Ucraina. Nelle stesse ore il governo britannico ha messo in guardia anche i militari dell’esercito invasore: «Tutti saranno chiamati a rispondere dei crimini di guerra commessi, a ogni grado della catena di comando».
I crimini di guerra sono quelli messi nero su bianco dalle Convenzioni di Ginevra del 1949, e più recentemente dallo Statuto di Roma, che fu approvato presso la sede della Fao nel 1998 e che nel 2002 portò all’inaugurazione della Corte penale internazionale, dopo la ratifica di 60 Stati firmatari. Sono considerati “war crimes” gli attacchi deliberati sui civili, gli attacchi che causano un numero di vittime civili sproporzionato rispetto all’obbiettivo militare, gli attacchi a ospedali, scuole, monumenti storici. Il diritto internazionale proibisce anche l’uso di armi chimiche, mentre l’uso delle devastanti bombe termobariche (che Mosca ha ammesso di impiegare in Ucraina) potrebbe costituire reato soltanto se fosse provato che non si sono adottate misure per evitare vittime civili.
Come accaduto in passato con molti conflitti è raro che i responsabili ricevano sanzioni e condanne per le loro azioni. Per le atrocità commesse in Bosnia negli anni Novanta, Milosevic fu messo sotto accusa per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Questi ultimi comprendono un ombrello vasto di «atti» criminali (dallo sterminio alla tortura, dagli stupri alle deportazioni). Ma tali atti, prevede lo Statuto di Roma, devono essere «estesi» e «sistematici», condizioni che non sono sempre facile da provare.
Anche nel caso della guerra in Ucraina, provare le eventuali responsabilità per questi crimini sarà un processo lungo e complicato, che potrebbe non portare nemmeno a incriminazioni formali e processi, né di leader militari né di esponenti del governo russo, tra cui il presidente russo Vladimir Putin. È comunque importante che indagini simili vengano avviate, perché aiuteranno a chiarire alcuni degli eventi più gravi della guerra. Ma si sa la giustizia non si muove al passo della cronaca, è molto più lenta dei massacri che è chiamata a giudicare.