Mentre lungo le strade d’Italia si moltiplicano le proteste dei tir contro il caro-carburante, il prezzo alla pompa ha da qualche giorno sfondato il tetto record dei 2 euro al litro. La colpa sta nel prezzo del petrolio, aumentato come molte tante altre materie prime, ma anche nelle tante altre voci che sommate insieme danno il prezzo finale alla pompa. E così, sul fronte del caro-carburanti si stanno valutando diverse ipotesi per tentare di ridurre i prezzi: i gestori delle pompe di rifornimento chiedono di abbassare l’Iva e alcune forze politiche di tagliare le accise.
Secondo quanto riportato dall’Agenzia delle accise, dogane e monopoli, su mille litri di benzina, si pagano 728,40 euro di accise. Si scende a 617,40 euro col gasolio e a 267,77 euro col Gpl (e questo spiega perché costano meno al distributore). L’ultima rilevazione settimanale del ministero della Transizione relativa a lunedì 7 marzo 2022 fotografa una situazione in cui la benzina costava in media 1,953 al litro, di cui 728,4 centesimi di accise e 352,21 centesimi di Iva, da cui si ricava che il prezzo industriale della benzina era di poco sopra agli 872,5 centesimi. Per il gasolio, invece, eravamo a 1,829 euro al litro, di cui 617,4 centesimi di accise e 329,8 centesimi di Iva, per un valore netto di 872,5 centesimi. La combinazione dell’accisa e dell’Iva pesa per il 55,3% sul prezzo finale della benzina e il 51% del prezzo totale del gasolio.
Le accise sono un tributo indiretto, una tassa che lo Stato pone sulla fabbricazione o sulla vendita di prodotti di consumo. Le accise sull’acquisto dei carburanti, in Italia, sono state incrementate nel tempo allo scopo di fronteggiare finanziariamente alcune emergenze, come quelle provocate dagli eventi naturali o dalle guerre. Ma quando sono cadute le ragioni per fare il prelievo, gli incrementi sono rimasti lì, per essere utilizzati per la copertura di altre voci del bilancio pubblico.
Alcune suonano decisamente grottesche, come la prima accisa, ancora esistente, quella del 1935 per finanziare la guerra mussoliniana in Abissinia: allora furono 0,1 centesimi, che ne nel 1936 videro aggiungersi 1,9 centesimi per finanziare il conflitto in Etiopia. La dittatura fascista è caduta e così anche i Savoia e l’impero d’Etiopia, ma l’accisa riadeguata nel tempo è ancora lì. Così come l’accise di 0,00723 euro per il finanziamento della crisi di Suez del 1956; o quella di 0,00516 euro per la ricostruzione dopo il disastro della diga del Vajont del 1963 e quella di 0,00516 euro per la ricostruzione di Firenze dopo l’alluvione del 1966. In totale, sono quasi una ventina le accise sui carburanti, accorpate nel 1995 in un’unica imposta indifferenziata, eliminando così ogni riferimento alle motivazioni originali.
La Lega insiste per tagliare le molte accise che gonfiano il prezzo della benzina e del gasolio
Questo è un vecchio cavallo di battaglia di Matteo Salvini, che nella campagna elettorale del 2018 aveva promesso sarebbe stato tra i suoi primi provvedimenti al governo. Poi, diventato ministro dell’Interno nel governo Conte I, se n’è dimenticato anche lui. E le accise sono tutte rimaste. Anzi, il peso fiscale sui carburanti è costantemente cresciuto.
L’avversione che accompagna questo tributo deriva probabilmente dal fatto che le paghiamo su beni che siamo tutti costretti ad acquistare. Come benzina e gasolio. Le accise offrono allo Stato due fondamentali vantaggi rispetto alle altre imposte: garantiscono un gettito immediato, sicuro e costante per le casse erariali e scattano nel momento in cui i prodotti fabbricati vengono immessi nel circuito del consumo. Altro vantaggio è che basta poco per ritoccare al rialzo le aliquote e quindi far fronte alle esigenze di bilancio in modo rapido ed efficace. Ecco perché il ricorso a questo strumento è aumentato nel corso degli anni: tra il 1956 e il 1996, ovvero in 40 anni, sono state introdotte otto nuove accise, mentre altre dieci in soli dieci anni, tra il 2004 e il 2014.
Negli anni, quindi, le accise sulla benzina in Italia sono via via cresciute portandoci secondo posto della classifica d’Europa. A batterci solo il Belgio, con 787,73 euro per mille litri di benzina contro i nostri 728,4 euro. Gli stessi confronti possono essere fatti anche sul diesel, dove però il nostro Paese risulta essere quello con le accise più alte in Ue, con 0,62 euro per ogni litro fatto. Sul secondo e terzo gradino del podio, rispettivamente, Belgio (0,60 euro al litro) e Francia (0,59 euro). I Paesi dell’Est registrano le accise sulla benzina e sul diesel minori. La Bulgaria risulta il Paese con l’accisa sulla benzina minore, 363,02 euro per mille litri. Sotto i 400 anche Polonia e Ungheria.
Intanto, mentre in Italia si discute, il ministro delle Finanze irlandese e presidente dell’Eurogruppo, Pascal Donohoe, ha annunciato nei giorni scorsi un taglio temporaneo delle accise applicate su benzina e diesel in Irlanda. «L’accisa si ridurrà di 20 centesimi per litro di benzina e 15 centesimi per il diesel. Questo significherà un risparmio di circa 12 euro per un pieno di benzina e 9 euro per il diesel», ha evidenziato Donohoe.