Viktor Orban stravince le elezioni con il 53% dei voti, contro il 35% dell’opposizione guidata da Peter Marki-Zay. Il premier ungherese conquista il quarto mandato consecutivo, il suo partito Fidesz la maggioranza dei due terzi del Parlamento. Nonostante l’isolamento sempre più marcato in Europa per la sua vicinanza a Putin, il suo rifiuto di mandare armi in Ucraina, la sua opposizione a un embargo energetico contro la Russia, Orban è riuscito a imporsi su sei partiti che per la prima volta avevano unito le forze per sconfiggere il primo ministro che da oltre 10 anni sta soffocando l’Ungheria in una spirale sempre più autoritaria.
Secondo vari osservatori internazionali, alle elezioni di domenica non c’erano comunque le condizioni per permettere all’opposizione di competere realmente con Orban. «In questo sistema ingiusto e disonesto non potevamo fare di più», ha commentato lo sconfitto Peter Marki-Zay, considerato «il primo vero sfidante di Orban dal 2006». «Abbiamo provato con tutte le nostre forze, ma non siamo riusciti a raggiungere il nostro obiettivo», ha aggiunto dando la colpa alla forza della propaganda governativa che ha segnato la campagna elettorale.
Tra le altre cose, Orban ha sfruttato lo strettissimo controllo che già esercita sui media per avere molta più visibilità rispetto ai suoi avversari. Secondo varie analisi, le elezioni di domenica sono state anche «pesantemente» influenzate dal cosiddetto “gerrymandering”, la pratica di modificare strumentalmente i confini dei collegi elettorali in modo da favorire una certa parte politica.
In campagna elettorale aveva puntato moltissimo sul presentarsi come una scelta sicura in tempi di grande incertezza e instabilità, ed è una strategia che sembra avere funzionato. Lo ha fatto anche con la guerra in Ucraina, sostenendo che l’obiettivo dell’Ungheria fosse restare «fuori da questa guerra» ed evitare che le famiglie ungheresi dovessero «pagare il prezzo» della guerra in corso. Orban è uno dei politici europei più vicini al presidente russo Vladimir Putin e la guerra in Ucraina lo aveva messo in una posizione piuttosto scomoda, condivisa con i politici europei di estrema destra che negli anni scorsi avevano espresso la propria fascinazione per Putin: aveva dovuto sostenere le durissime sanzioni decise dall’Unione Europea contro la Russia, ma al contempo non aveva mai condannato esplicitamente Putin per avere provocato la guerra e si è opposto più volte all’invio di armi all’Ucraina.
«È una vittoria così grande che si vede dalla Luna e di certo da Bruxelles», ha detto alludendo alle forti tensioni con i vertici dell’Ue. Primo ministro dal 2010, ha promosso democrazia illiberale e ha un contenzioso con l’Europa sullo stato di diritto, per aver limitato la libertà di stampa e della magistratura. Nel corso degli anni, ha minato in modo significativo le strutture democratiche, approvando diverse norme che limitano la libertà di stampa e intaccano l’indipendenza del sistema giudiziario, e ha assunto posizioni discriminatorie contro la comunità gay e le minoranze di musulmani, rom ed ebrei, e introdotto leggi che criminalizzano l’accoglienza per i migranti.