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Microplastiche nei polmoni: provengono dalle mascherine?

Uno studio ha accertato per la prima volta la presenza di microplastiche nei polmoni. Si tratta soprattutto di fibre di polipropilene e di polietilene tereftalato: due composti presenti nelle mascherine anti-Covid

Redazione di Redazione
Aprile 18, 2022
in Green Economy
Tempo di lettura: 3 mins read
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Microplastiche nei polmoni: provengono dalle mascherine?

Tracce di microplastiche sono state trovate per la prima volta nei polmoni. Nel Regno Unito un gruppo di ricerca ha analizzato campioni di tessuto polmonare prelevati da tredici pazienti, ciascuno dei quali doveva essere sottoposto a un’operazione. Il tessuto cellulare prelevato è stato poi analizzato in laboratorio, portando all’identificazione delle microplastiche in undici casi. Lo studio solleva non solo inquietanti interrogativi sulla diffusione di materiali inquinanti nel nostro pianeta, ma ha spinto gli esperti a porsi domande anche sulle possibili correlazioni con la pandemia e le strategie scelte dai governi per affrontare l’emergenza Covid.

Le microplastiche sono appunto minuscole particelle di plastica. Si considera comunemente che abbiano dimensioni comprese fra i 5 millimetri e gli 0,3 millimetri. Talvolta sono anche più piccole: si parla allora di nanoplastiche. Derivano ovviamente dalla frantumazione della plastica che è ovunque attorno a noi. Fra le fonti principali di microplastiche, il lavaggio dei tessuti sintetici e l’attrito degli pneumatici sulle strade. Le indesiderabili particelle si trovano ormai dappertutto. Nel mare i pesci e i molluschi le inghiottono, scambiandole per cibo: e poi noi mangiamo pesci e molluschi. Ma sono anche nel sale da cucina, nell’aria e perfino nei vegetali. Gli studi sugli effetti delle microplastiche sul nostro organismo sono ancora in corso e non ci sono elementi definitivi per sostenere che siano innocue o dannose, dopo una prolungata esposizione.

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La ricerca sarà pubblicata sulla rivista scientifica Science of the Total Environment nei prossimi mesi e contiene alcuni esiti che lo stesso gruppo di ricerca ha definito inattesi. Le microplastiche sono state trovate infatti anche nella parte più profonda dei polmoni, dove le vie aeree sono piccole e non ci si aspetterebbe di trovare materiale estraneo di dimensioni relativamente grandi. Le particelle più diffuse erano quelle di polipropilene e di polietilene tereftalato: questi composti non sono certo un’esclusiva delle mascherine anti-Covid. Però sono anche nelle mascherine.

Il polipropilene viene utilizzato, ad esempio, per le capsule del caffè e per gli zerbini sui quali ci strofiniamo i piedi prima di entrare in casa. Il polietilene tereftalato è impiegato fra l’altro per le bottiglie dell’acqua e vari imballaggi dei cibi. Sono di polipropilene tuttavia anche lo strato interno e quello esterno delle mascherine chirurgiche che le norme anti-Covid ci hanno obbligato e ci obbligano a tenere per ore ed ore davanti alla bocca ed al naso. L’atto di metterle, toglierle, sistemarle comporta sfregamenti e attriti.

Che con la respirazione inalassimo microplastiche era comunque noto da diverso tempo. Nel 2021 un gruppo di ricerca in Brasile aveva svolto alcune autopsie, trovando tracce di microplastiche nei tessuti polmonari di tredici dei venti cadaveri analizzati. Il polietilene era tra le sostanze più ricorrenti, ma anche in quel caso i ricercatori erano stati molto cauti sugli eventuali effetti sulla salute, rilevando comunque che non potevano essere esclusi «esiti deleteri» in seguito alla lunga esposizione.

Le incertezze hanno spinto negli ultimi anni numerosi gruppi di ricerca a occuparsi dei potenziali effetti delle microplastiche sul nostro organismo. Lo scorso marzo uno studio aveva rilevato per la prima volta in modo convincente la presenza di microplastiche nella circolazione sanguigna. La ricerca aveva evidenziato come queste sostanze si potessero quindi muovere con una relativa facilità, con il rischio di accumularsi in alcuni organi.

La grande diffusione delle microplastiche nell’ambiente deriva in primo luogo dai rifiuti, che finiscono nelle acque o nel suolo, ma non solo. Buona parte delle plastiche tende con il tempo a deteriorarsi e di conseguenza a rilasciare nell’ambiente minuscole particelle, che possono poi entrare in contatto con il nostro organismo. Negli anni la presenza di microplastiche è stata riscontrata praticamente ovunque, dagli oceani alle sommità delle catene montuose più alte del pianeta, nei pesci e in molti altri animali e persino nella placenta delle donne incinte.

La grande diffusione delle microplastiche non implica necessariamente che ci sia un alto rischio per la nostra salute. Un paio di anni fa, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) diffuse una prima analisi sul tema, concludendo che allo stato delle conoscenze le microplastiche non costituiscono un rischio per le persone. L’analisi conteneva comunque numerose cautele, soprattutto per la disponibilità ancora limitata di dati per valutare in maniera attendibile i rischi.

Tags: Covid-19MascherineMicroplastiche
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