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Un anno di Green pass e libertà negate

Il bilancio è del tutto fallimentare: la certificazione verde ha dimostrato di essere assolutamente inutile nel limitare i contagi, ma nel frattempo ha fatto a pezzi grandi fette di libertà

Redazione di Redazione
Agosto 7, 2022
in Italia
Tempo di lettura: 2 mins read
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Un anno di Green pass e libertà negate

«Il Green pass è garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose». Era il 22 luglio 2021 quando Mario Draghi, allora nel pieno del suo potere e in fase ascendente, si presentò in conferenza stampa per spiegare le norme contenute nell’ultimo decreto estivo: l’introduzione, a partire dal 6 agosto 2021, del Green pass praticamente ovunque. Ma il bilancio dopo un anno è del tutto fallimentare: la certificazione verde ha dimostrato di essere assolutamente inutile nel limitare i contagi, ma nel frattempo ha fatto a pezzi grandi fette di libertà.

Ma facciamo un passo indietro: il Green pass in Italia è entrato ufficialmente in vigore il 26 aprile del 2021 con l’obiettivo iniziale di limitare gli spostamenti tra le Regioni a rischio (rosse e arancioni). Un debutto soft dunque, né poteva essere altrimenti visto che 12 mesi fa gli italiani vaccinati contro il Covid erano ancora una minoranza per la ben nota penuria di dosi che ha caratterizzato la prima fase della campagna vaccinale. L’obbligo della certificazione era stato poi esteso, a partire da giugno, anche a matrimoni ed eventi pubblici. Con il passare dei mesi la carta verde è diventata poi uno strumento indispensabile per poter vivere senza limitazioni e accedere a tutta una serie di attività.

Da quel 6 agosto del 2021, ogni cittadino sopra i 12 anni è stato costretto a mostrare il passaporto vaccinale per sedersi al ristorante, andare a teatro, allo stadio, nei musei e alle mostre. Ma anche per farsi un tuffo in piscina, andare in palestra, giocare a calcio, partecipare a sagre, fiere e congressi. Niente parchi tematici, parchi divertimento, centri sociali o ricreativi, sale giochi, sale scommesse, sale bingo, casinò e concorsi pubblici. In pratica: impediva a chiunque non si fosse inoculato una dose di vaccino avere un minimo di vita sociale. Il tutto con lo scopo, promesso da premier e scienziati, di ritrovarsi tra persone “non contagiose”. E dunque limitare la diffusione del virus, salvarsi dalla pandemia, chiudere i conti con il Covid. Ma sappiamo che non è andata così.

«È una misura che dà serenità, non che toglie serenità», ha detto Draghi in quella conferenza stampa del 21 luglio 2021. Il governo è sempre andato dritto per la sua strada convinto che il Green pass fosse l’unica alternativa possibile al lockdown. E da ottobre il certificato è diventato obbligatorio anche per andare al lavoro, mentre a dicembre è stata introdotta la distinzione tra Green pass base (ottenibile con tampone negativo) e super Green pass (in possesso solo dei vaccinati o dei guariti dal Covid).

Il tutto con risultati risibili. Il Green pass è stato utilizzato per costringere surrettiziamente alla vaccinazione: è stato spacciato come strumento salvifico che si è trasformato in breve tempo nel suo opposto. Conferiva infatti la falsa sicurezza di essere tra vaccinati iperimmuni, mentre il virus continuava a circolare e infettare anche gli stessi vaccinati.

Il governo Draghi ha allargato e ristretto a piacimento le maglie del Green pass e ha imposto anche altre restrizioni e discriminazioni inutili in nome dell’emergenza epidemiologia come l’obbligo vaccinale ai lavoratori over 50 dietro la minaccia di perdere la retribuzione se non il posto di lavoro e le discutibili regole per la scuola che hanno discriminano gli studenti non vaccinati. Oggi il Green pass non viene più richiesto per frequentare palestre e piscine al chiuso, partecipare a feste e cerimonie, convegni e congressi, entrare in discoteche e sale da gioco, andare al cinema e a teatro. L’unica eccezione sono le visite in ospedale e Rsa, dove sarà necessario esibire il Super pass fino al 31 dicembre.

Tags: Covid-19Governo DraghiGreen passVaccini anti-Covid
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Fondatore e Direttore Editoriale: Maurizio Andreanò
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