L’esito era forse scontato. La Corte Costituzionale, che era chiamata ad esprimersi sui ricorsi contro l’obbligo vaccinale, ha “salvato” l’imposizione della puntura anti-Covid introdotta dal governo Draghi nel 2021 per alcune categorie professionali e gli over 50. La Corte ha ritenuto inammissibili e non fondate le questioni poste da cinque uffici giudiziari. In conseguenza della sentenza restano pertanto valide le sanzioni e/o le limitazioni comminate a tutti coloro non si sono vaccinati ma erano tenuti a farlo. Parliamo non solo di coloro i quali sono stati sospesi dal lavoro, anche dei circa due milioni di italiani ultra cinquantenni che avevano l’obbligo di vaccinarsi entro il 15 giugno 2022.
L’udienza riuniva 11 questioni di costituzionalità sollevate in momenti diversi da cinque giudici (Tribunali di Brescia, Catania e Padova, Tar della Lombardia e Consiglio di giustizia amministrativa siciliano), che hanno ritenuto “infondate” le eccezioni avanzate davanti a loro dagli avvocati di cittadini non vaccinati. Alcuni ricorsi riguardano la stessa legittimità dell’obbligo, altri la proporzionalità delle sanzioni (soprattutto con riferimento ai lavoratori a distanza). In gioco c’era la possibilità di ottenere il risarcimento economico per i mancati stipendi (per i lavoratori sospesi dalle funzioni) e quella di non dover pagare la sanzione di cento euro cui riscossione è scattata il 1° dicembre. Le questioni, che chiedevano di fatto di bocciare due decreti firmati da Draghi, sono state rigettate al mittente.
«La Corte – si legge in una nota diffusa dalla stessa Corte Costituzionale – ha ritenuto inammissibile, per ragioni processuali, la questione relativa alla impossibilità, per gli esercenti le professioni sanitarie che non abbiamo adempiuto all’obbligo vaccinale, di svolgere l’attività lavorativa, quando non implichi contatti interpersonali. Sono state ritenute invece non irragionevoli, né sproporzionate, le scelte del legislatore adottate in periodo pandemico sull’obbligo vaccinale del personale sanitario. Ugualmente non fondate, infine, sono state ritenute le questioni proposte con riferimento alla previsione che esclude, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale e per il tempo della sospensione, la corresponsione di un assegno a carico del datore di lavoro per chi sia stato sospeso; e ciò, sia per il personale sanitario, sia per il personale scolastico».
Fuori dal palazzo della Corte ha manifestato un piccolo drappello di attivisti no vax, muniti di tricolori e cartelli con slogan come “libertà” e “no green pass”. A nulla sono servite le veglie dei no vax che nei giorni scorsi si sono riuniti in attesa del giudizio: tutti i quesiti sono stati considerati o inammissibili o non fondati. Si era anche tenuta una udienza pubblica molto accesa, con interventi da parte di numerosi avvocati e la risposta dell’Avvocatura dello Stato a difesa dell’operato dell’allora governo.
L’avvocatura dello Stato aveva chiesto di confermare la legittimità dell’obbligo, una misura disposta «nel pieno rispetto degli insegnamenti della Corte costituzionale», in quanto il vaccino migliora la salute dell’individuo e della collettività, le conseguenze sono tollerabili ed è previsto un equo indennizzo in caso di danni ulteriori e non prevedibili. Gli avvocati dei ricorrenti (tra cui il giurista torinese Ugo Mattei, diventato un volto di punta del movimento anti-obbligo), invece, hanno affermato che i loro assistiti sono stati «privati della possibilità di lavorare e sopravvivere e traditi dallo Stato che ha imposto un ricatto: o ti vaccini o sei fuori dalla società». Il tutto, hanno sostenuto, senza alcun beneficio per la collettività, perché il vaccino anti-Covid non ha impedito la diffusione dei contagi, ma ha avuto anche «effetti collaterali gravi» e persino mortali, con «29 decessi, solo in Italia, accertati come correlati alla campagna vaccinale».
Ovviamente non sono state ancora depositate le motivazioni della sentenza, per cui occorrerà attendere. Ma l’indirizzo è chiaro: per la Corte l’obbligo vaccinale era legittimo e costituzionale. «È facile supporre – scrive il quotidiano filogovernativo Corriere della Sera – che i giudici abbiamo ritenuto prevalente l’interesse alla tutela della salute pubblica su quello dell’autodeterminazione e della libertà del singolo cittadino».