Non più solo Covid, è per una concentrazione anche di influenza stagionale e bronchioliti e polmoniti infantili causate dal virus respiratorio sinciziale (Vrs) che i sistemi sanitari rischiano di trovarsi sotto pressione a Natale. È un rischio valutato come alto dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). E sebbene a indebolire i sistemi immunitari sia stato proprio le misure di distanziamento sociale, si continuano a raccomandare mascherine, i vaccini e smart working.
«Le festività di fine anno sono associate ad incontri, acquisti e viaggi, che comportano rischi aggiuntivi significativi per la trasmissione di Rsv e altri virus respiratori», afferma il direttore dell’Ecdc Andrea Ammon. «Il rafforzamento dei sistemi sanitari e il sostegno degli operatori dovrebbero essere prioritari», aggiunge Ammon, in quanto oltre a un maggior numero di ricoveri si teme un aumento delle assenze per malattie del personale sanitario. «Anche la vaccinazione contro l’influenza e il Covid-19 dovrebbe essere una priorità tra i gruppi a rischio».
L’Edcd sta lanciando messaggi ripetuti alla popolazione, invitando chiunque non lo abbia fatto a vaccinarsi, sia con il bivalente anti-Covid, che con le immunizzazioni antinfluenzali. «È bene pomuovere buone pratiche igieniche nella comunità e prendere in considerazione adeguati interventi non farmaceutici (IPN), come rimanere a casa quando ci si ammala, buona igiene respiratoria e delle mani, compreso l’uso appropriato di maschere facciali, un’adeguata ventilazione degli spazi interni, l’uso del telelavoro, ove possibile, ed evitare spazi pubblici affollati».
Le autorità sanitarie stanno lentamente rivedendo le indicazioni sull’uso delle mascherine, non più obbligatorie da mesi. Nei due anni passati il Covid ha dominato la scena, essendo estremamente virulento e anche sconosciuto per il nostro sistema immunitario, e in questo modo ha limitato la circolazione degli altri virus respiratori per il fenomeno dell’interferenza virale. Ora che la maggior parte di noi è vaccinato o ha avuto Covid 19 (o entrambe le cose), il vantaggio di Sars-Cov-2 è molto ridotto, e gli altri virus possono tornare a scatenarsi liberamente.
Per spiegare cosa sta succedendo in Italia e in diverse parti del mondo, Stati Uniti in prima linea, una buona parte di comunità scientifica si appella al concetto di immune debt, debito di immunità, e cioè quella ridotta protezione immunitaria che si presenta come il risultato della mancanza di esposizione a un patogeno. In buona sostanza saremo debitori della nostra capacità di difenderci da certi tipi di virus a causa degli ultimi anni di emergenza sanitaria vissuti con restrizioni e chiusure, e quindi con meno possibilità di rafforzare i nostri anticorpi. Un debito che gli studiosi sulla rivista scientifica The Lancet considerano preoccupante soprattutto per ciò che riguarda il virus respiratorio sincinziale, al momento il più diffuso tra bambini e neonati.
Nello studio dal titolo “VRS: pagare il debito di immunità con gli interessi”, si parla del Vrs come il maggiore responsabile dell’epidemia invernale con il 60%-80% dei ricoveri con bronchiolite, la causa più comune di ricovero in ospedale per i neonati nei paesi ad alto reddito. A questo proposito «sono state sollevate preoccupazioni circa la possibilità di epidemie di Vrs più gravi in futuro a causa di un cosiddetto debito di immunità», spiegano gli esperti. «Questo debito è particolarmente preoccupante per Vrs, per il quale l’immunità temporanea si ottiene attraverso l’esposizione al virus, con anticorpi materni che tendono a diminuire rapidamente; senza esposizione stagionale, l’immunità diminuisce e aumenta la suscettibilità a infezioni future e potenzialmente più gravi».
Ma a quanto ammonta questo debito e soprattutto, sono le restrizioni anti Covid le vere responsabili della triplendemia? Il punto intanto da chiarire è che la stagione autunno-inverno è da sempre caratterizzata dalla circolazione di due virus, quello respiratorio sincinziale, per cui non esiste un vaccino e che in Europa determina una decina di migliaia di casi all’anno, oltre purtroppo anche a decessi. E poi l’influenza. In questo quadro si inserisce l’epidemia da Covid-19. «Il rapporto tra organismo e ambiente in cui vive è in scienza innegabile, ed è innegabile che con l’esposizione agli stimoli ridotta al minimo, abbia portato a una maggiore suscettibilità nei confronti di alcune infezioni», spiega Paolo Palma, responsabile dell’Immunologia clinica e della vaccinologia presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Lo stesso studio italiano dell’ospedale infantile Regina Margherita ha confermato il picco dei casi di bronchiolite da Rsv, non registrato negli anni precedenti. Un segnale per i medici della concretizzazione proprio dell‘immunity debt.