Che fine hanno fatto i processi penali scaturiti dalla violazione della quarantena Covid? Il Tribunale di Milano con la formula «il fatto non sussiste» ha assolto dal reato di «falso ideologico» un 38enne, che il 15 gennaio 2022 era stato fatto scendere a Pescara dal treno Milano-Bari perché a un controllo della Polfer non era stato in grado di esibire un tampone negativo dopo l’ultimo ancora positivo eseguito tre giorni prima.
La Procura di Milano aveva chiesto al giudice, Sofia Fioretta, una condanna esemplare di 2 mesi di reclusione per aver violato l’obbligo generale di quarantena introdotto il 25 febbraio 2020 dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (fonte normativa secondaria in forma di atto amministrativo) con il richiamo all’articolo 260 del regio decreto del 1934 sull’inosservanza di «un ordine legalmente dato per impedire la diffusione di una malattia infettiva».
Di diverso avviso il giudice, che ha escluso il reato per tre ragioni: la prima è che il passeggero del treno appariva privo del requisito dell’offensività, cioè del carattere «concretamente lesivo del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice». Nel caso in questione per la giudice l’indiziato non sarebbe comunque stato «in grado di esporre a pericolo la salute pubblica mediante concreta possibilità di contagio di un numero indeterminato di persone», in quanto «del tutto asintomatico al momento del controllo» sul treno e «negativo a un test in farmacia solo due ore dopo».
Più generali gli altri due motivi, sui quali peraltro già all’epoca alcune toghe avevano fondato alcune richieste di archiviazione di casi analoghi, per lo più però disattese. Uno è che quella contravvenzione avrebbe dovuto presupporre un ordine non generalizzato ma “ad personam”, cioè «rivolto a un determinato destinatario di un provvedimento amministrativo (ad esempio attraverso un sms dell’Azienda sanitaria di competenza) con il quale, verificata la positività a seguito del test, egli fosse stato sottoposto alla quarantena»: e invece «le norme dell’emergenza Covid hanno del tutto omesso» previsioni volte «all’emanazione di un provvedimento limitativo della libertà personale del soggetto risultato positivo».
Diversamente, se cioè per applicare la contravvenzione si ritenesse «sufficiente la semplice violazione dell’obbligo di quarantena contenuto nel provvedimento generale e astrato emesso dal governo», il reato consisterebbe allora «nella violazione di una del tutto illegittima limitazione della libertà personale» (quale il divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione per i positivi sottoposti a quarantena), e quindi «sarebbe incostituzionale per violazione del principio di riserva di giurisdizione». Quel tipo di limitazione della libertà personale, infatti, «può essere riservata solo alla Autorità Giudiziaria, con provvedimenti non generalizzati ma specifici e “ad personam”». Per la giudice «ne consegue che un regolamento generale e indifferenziato che imponga la quarantena ai positivi Covid appare illegittimo e dunque incostituzionale, sicché può essere disapplicato e la sua violazione non può integrare ipotesi di reato».
Una sentenza molto importante, al di là del caso specifico, con la quale si stabilisce un principio costituzionale che, durante gli anni della pandemia, è stato costantemente violato a colpi di atti amministrativi. Infatti, oltre alle quarantene, tante altre limitazioni della nostra libertà sono state adottate in senso generalizzato. Abbiamo subito lockdown di massa per mesi, il coprifuoco, l’obbligo di mascherine anche all’aperto, le autocertificazioni per uscire dal proprio comune, il limite dei 200 metri nello svolgere l’attività fisica fuori di casa e tutta una lunga serie di obblighi generalizzati i quali, oltre ad aver compromesso la nostra socialità, hanno anche devastato l’economia.