Nell’indagine sulla cattura del boss Matteo Messina Denaro spunta un terzo covo. A scoprirlo è stata la polizia, che ha seguito le tracce di un trasloco: questo appartamento, ora vuoto, era infatti quello dove il boss ha vissuto fino a giugno scorso. Si tratta di una abitazione che si trova sempre a Campobello di Mazara, paese in cui il capomafia si sarebbe nascosto prima di trasferirsi in vicolo San Vito, dove è stato scoperto il primo appartamento del boss.
La scelta fatta da Messina Denaro era ben precisa: aveva deciso di non nascondersi, anzi di non nascondersi troppo. Nonostante gli identikit diffusi su di lui, nessuno lo ha mai riconosciuto, nessuno ha mai sospettato prima d’ora una possibile somiglianza con il ricercato numero uno d’Italia. Se si è mosso così agevolmente, Messina Denaro ha avuto certamente coperture importanti. Il Procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ha detto con chiarezza che Messina Denaro ha avuto il sostegno e l’aiuto di «fette importanti della borghesia siciliana».
Perché spesso queste coperture toccano ambienti eccellenti, perfino quelli della politica. Gli inquirenti hanno già interrogato Alfonso Tumbarello, 70 anni, medico di base a Campobello di Mazara, fino al dicembre scorso, ora in pensione. Era lui ad aver firmato le prescrizioni per Andrea Bonafede, suo paziente. In realtà le prescrizioni riguardavano, sotto falso nome, Matteo Messina Denaro, il super latitante che, negli ultimi due o tre anni, ha avuto bisogno di ricorrere a cure importanti e persino a due interventi chirurgici. Ora si dovranno stabilire le sue responsabilità. Tumbarello era stato candidato alle elezioni regionali con l’Udc, il partito di Totò Cuffaro, che quell’anno venne eletto governatore e che fu successivamente indagano e condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento mafioso. Era stato anche consigliere provinciale e nel 2011 si candidò come sindaco a Campobello di Mazara, senza centrare però il risultato.
Al vaglio anche la posizione del vero Andrea Bonafede, il geometra di Campobello che ha ammesso di conoscere da sempre Messina Denaro. Ha ammesso di avere acquistato per lui l’appartamento che fu il suo ultimo covo. Un’ammissione scontata, visto che il suo nome risulta anche nell’atto di compravendita dell’immobile. Ora bisognerà ricercare anche i suoi nascondigli precedenti, seguire all’indietro le possibili tracce, anche di Giovanni Luppino, l’autista che lo ha accompagnato e che è stato arrestato insieme a lui.
Per più di una ragione quella dello Stato contro Cosa Nostra è solo una vittoria a metà. Dopo tre decenni si è sì finalmente riusciti a catturare il ricercato numero in Italia, ma dai particolari che stanno emergendo nelle ultime ore sulla vita e sullo stato di salute del boss alcuni perplessità sorgono spontanee. Il boss faceva periodicamente dei controlli nella clinica “Maddalena” da oltre un anno. Nel 2021 era stato operato per alcune metastasi al fegato, e dopo l’operazione si sarebbe sottoposto a dei cicli di chemio una volta ogni sei mesi. In mezzo anche tre dosi di vaccino anti-Covid, tutte eseguite nel centro vaccinale di Castelvetrano. E poi ancora selfie, chat, e quei covi posizionati nel pieno centro di Campobello di Mazara.
Tutti elementi che lasciano intendere come per anni il superlatitante si sia mosso indisturbato nel proprio territorio portando avanti in prima persona le attività criminali, senza che mai lo Stato sia riuscito ad acciuffarlo. Oggi Matteo Messina Denaro è un uomo in precarie condizioni di salute, che necessita di riposo e cure che mal si sposano con lo status di latitante. È infatti innegabile come per un paziente oncologico, qual è il boss di Castelvetrano, possa rivelarsi molto più semplice gestire la malattia da detenuto piuttosto che da fuggitivo. Possibile, quindi, che l’inafferrabile boss si sia ancora una volta preso gioco dello Stato e non abbia fatto nulla per evitare di essere catturato?
Lo Stato vince quando riesce a dare verità e giustizia ai suoi cittadini e per troppe stragi di mafia verità e giustizia ancora non si intravedono. Sicuramente l’azione di polizia che ha portato all’arresto di Matteo Messina Denaro è stata encomiabile, e le donne e gli uomini che hanno partecipato alle indagini sono da elogiare per perseveranza ed abilità, e certo, l’arresto del boss è una notizia che apre alla speranza di poter avere verità e giustizia. Ma se dobbiamo appellarci alla speranza che un mafioso parli per scoprirle è in sé una sconfitta. Troppe volte Matteo Messina Denaro è sfuggito alla cattura anche quando le forze dell’ordine erano a pochi passi da lui, un segnale che la rete dei fiancheggiatori è sempre stata molto attenta ed attiva. Se lo Stato deve aspettare che sia il boss a parlare e svelare tutta la sua rete significa che, comunque vada, un piccola parte di quello Stato ha remato dall’altra parte.