Esprimere dubbi sui vaccini è il tabù della società moderna. Ma adesso a farlo sono tre ricercatori del Centro Nazionale per la Ricerca e la Valutazione dei Farmaci dell’Istituto Superiore di Sanità in un articolo pubblicati su un numero speciale della rivista scientifica Pathogens. «Mettiamo in discussione la reale necessità di somministrare questi prodotti, con effetti di lungo termine non ancora chiari, a persone a rischio con patologie autoimmuni, come pure a individui in salute, nell’epoca delle varianti Omicron».
Parole chiare che aprono una crepa nella narrazione della vaccinazione come unica via di salvezza anche per i soggetti fragili, che sono stati da subito i primi beneficiari, insieme agli anziani, delle innumerevoli dosi di farmaco sperimentale. Se nella prima ondata il rischio beneficio poteva essere a favore delle vaccinazioni, già a partire dalla variante Omicron il rapporto si è invertito, vista la minor letalità del virus. «Il calcolo costi/benefici richiede un aggiornamento», hanno sottolineato gli scienziati nel documento sconfessando, così, quanto sostenuto in passato dall’Iss.
«Le prove cliniche – scrivono i ricercatori – hanno iniziato a mostrare che i sintomi della malattia autoimmune potrebbero aumentare dopo le vaccinazioni Covid-19». Lo studio cita per esempio una meta analisi del 2021 da cui emerge in alcuni pazienti, l’insorgenza di problemi neurologici dopo le prime dosi di diversi vaccini Covid, e che più della metà di questi effetti sono stati osservati in persone con precedenti di autoimmunità.
Non solo, per gli autori della ricerca sarebbe utile anche riflettere sul numero degli effetti avversi documentati. I ricercatori citano per esempio uno studio che analizza i dati dell’Health Security Agency inglese, da cui emerge che il tasso di mortalità per cause diverse dal Covid nelle persone non vaccinate è inferiore rispetto a quello osservato nelle persone che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino.
A spingere i ricercatori a chiedere che venga riconsiderato l’impiego degli attuali vaccini è una combinazione di fattori: scarsità di indagini sui booster, sospetti su possibili reazioni avverse (soprattutto di natura cardiaca), disponibilità di cure alternative, ridotta aggressività delle ultime varianti del Covid. Lungi dal generare un dibattito in seno alla comunità scientifica, lo studio ha avuto come effetto quello di smuovere l’indignazione dei vertici dell’Iss. Con un comunicato stampa ufficiale, infatti, l’Istituto ha preso le distanze dallo studio sostenendo addirittura che la pubblicazione «vìola il codice interno di integrità dei ricercatori Iss».
L’Istituto Superiore di Sanità tiene a precisare, si legge sul sito, che l’articolo riporta «l’opinione personale degli autori» e non rappresenta la posizione dell’Istituto. Il comunicato sottolinea inoltre che la bibliografia utilizzata è «parziale e arbitrale ed omette numerosi lavori pubblicati sull’argomento da altri ricercatori» per poi concludersi sostenendo che «l’articolo è stato inviato dai ricercatori alla rivista senza seguire la procedura di valutazione scientifica richiesto delle linee guida sull’integrità della ricerca dell’Iss a garanzia della qualità scientifica del lavoro pubblicato».