Il vaso di Pandora è stato scoperchiato. Le inchieste di “Fuori dal Coro” hanno svelato che Aifa modificava le tabelle delle segnalazioni di effetti avversi al vaccino Covid, ridimensionando, e di molto, il dato delle reazioni gravi. Ma come è potuto accadere? Molto semplice, all’inizio non era previsto nel modulo di segnalazione a cura del cittadino danneggiato la voce “grave” per ogni reazione segnalata.
Barbara D’Ambrosio, una delle danneggiate da vaccino fondatrici del Comitato Ascoltami, nei giorni scorsi a Vercelli per la presentazione del documentario “Invisibili”, ha raccontato di come durante la campagna vaccinale di massa fosse praticamente impossibile far sapere ad Aifa il livello di gravità dei sintomi accusati. Solo recentemente è stato modificato il modulo recante le tabelle delle segnalazioni di effetti avversi al vaccino contro il Covid.
Originariamente, nel modulo da compilare sugli effetti avversi da vaccino, gli unici campi a disposizione da barrare alla domanda “quanto grave è stata la reazione?” erano: non grave, ricovero in ospedale, pericolo di vita, difetto alla nascita (per le donne gravide), e morte. Mancava dunque la voce grave, la quale avrebbe potuto inquadrare meglio la sintomatologia riscontrata e darvi un peso adeguato. Prendiamo per esempio il caso della miocardite, che sono purtroppo aumentate dopo le vaccinazioni, rappresentano un effetto grave. Tuttavia, se non ha portato alla morte o a un ricovero o a una invalidità permanente, è stato inquadrato sotto la voce non grave e non produceva statistiche.
Anche la voce invalidità permanente era davvero poco utilizzabile: per poterla accertare sarebbero serviti del tempo (e un medico disposto a certificarla). «Tantissimi danneggiati – ha spiegato la D’Ambrosio – hanno così barrato la voce non grave più per mancanza di alternative che per oggettività. Ma in questo modo sono stati falsati notevolmente i dati di farmacovigilanza».
Si spiega anche in questo modo la bassa incidenza degli effetti gravi nei report e il sospetto che tanti eventi avversi non gravi in realtà fossero gravi è più che concreto. Ne è convinta anche l’avvocato Laura Migliorini di Venezia, che è attiva nel difficile percorso del riconoscimento di una indennità per i danneggiati. «La segnalazione effettuata dal cittadino a differenza di quella del medico, è più difficile da compilare perché le informazioni richieste sono tali e tante che spetterebbero ai medici. Cosicché in tanti cittadini vi hanno rinunciato», dichiara a La Nuova Bussola Quotidiana. E ancora: «Premesso che l’indennizzo non è un risarcimento – che comporta invece il riconoscimento di una responsabilità di tipo civile – viene concesso solo se sussistono i tre presupposti della legge 210: il nesso di causa, l’ascrivibilità della patologia alle categorie previste dalla legge e la tempestività della domanda di indennizzo, che deve essere fatta entro i tre anni dalla conoscenza del nesso di causa».
Si tratta dunque di una vera e propria Odissea. Inoltre, come denuncia l’avvocato, vi è un certo ostruzionismo di molte Asl alla presentazione delle domande. Poi, dopo questa fase preliminare, la sfida sarà dimostrare il nesso di causa col vaccino presso le Commissioni mediche militari (Cmo), che sono le uniche deputate a rilasciare l’indennizzo. Infine, ancora nelle parole dell’avvocato Laura Migliorini: «L’effetto post vaccinico sta creando patologie nuove, una delle più diffuse è la neuropatia delle piccole fibre, che ha solo due centri in Italia in grado di diagnosticarla. Si tratta, dunque, di aspetti nuovi introdotti con la campagna vaccinale, quindi, bisognerà capire se la legge 210 potrà essere adatta per far fronte a questi danni. A mio avviso è una legge vecchia, che andrebbe ripensata a livello politico».