Che l’efficacia dei vaccini anti-Covid non sia stata comprovata non è più una “teoria del complotto” nel momento in cui a dirlo sono i Cdc americani. Il recente studio dei Centers for Disease Control and Prevention, dimostra infatti come i soggetti vaccinati con più dosi, e particolarmente con le dosi bivalenti (le cosiddette “booster”),siano a maggior rischio di ospedalizzazione per malattia grave.
Lo studio dimostra, dunque, l’“efficacia negativa” del vaccino a mRna. Ad esempio, su due persone (una vaccinata e una non vaccinata) se entrambe contraessero il Covid, il soggetto vaccinato sarebbe più a rischio di sviluppare la malattia grave e di essere ricoverato in ospedale. L’efficacia del siero contro il ricovero è calata in negativo all’8% secondo lo studio condotto dalla Cleveland Clinic, gestita dai Cdc.
Nel report pubblicato dai Cdc si legge che la protezione dei vaccini booster è scesa all’8% dopo 89 giorni dalla somministrazione. Le stime sono state calcolate su un campione di soggetti adulti senza alcuna patologia o immunodepressione. I vaccini bivalenti, come ricorda Il Giornale d’Italia, che ha ripreso la notizia, sono stati prodotti da Moderna e Pfizer, sono stati introdotti nell’autunno del 2022 proprio con la promessa (ampiamente disattesa) di ridurre le ospedalizzazioni.
Secondo quanto riportano i media statunitensi, il dottor Robert Malone, che ha contribuito a inventare la tecnologia dell’Rna messaggero utilizzata dalle aziende produttrici di vaccini anti-Covid, ha affermato che «l’efficacia negativa è coerente con dati precedenti come uno studio della Cleveland Clinic che ha scoperto che ogni dose di vaccino successiva aumentava il rischio di infezione».
Inoltre, al di là di infezioni e ricoveri, gli individui plurivaccinati corrono anche il rischio di contrarre la malattia nella sua forma grave. Il motivo è semplice: «più dosi indeboliscono il sistema immunitario», è scritto nello studio. Poi il documento dei Cdc illustra come, analizzando la popolazione che ha ricevuto una sola dose di vaccino, l’arco di tempo tra la somministrazione del siero e il contagio rientri in un margine di 464 giorni; per chi, invece, abbia ricevuto più dosi, questo margine si abbassa a 137 giorni.
Sempre secondo quanto riportato dai media statunitensi che hanno divulgato lo studio, «secondo alcuni ricercatori, esporre soggetti a più inoculazioni nel tempo, indebolisce il sistema immunitario, rendendo potenzialmente le persone suscettibili a contrarre malattie potenzialmente letali come il cancro». L’aumento certificato di casi di tumore nel corso della pandemia, con circa 15mila casi nel solo 2022, purtroppo va a sostegno di tale tesi. Insomma, più dosi si ricevono, maggiori sono i rischi.