Osip Mandel’štam non è un comune lettore di Dante. È un grande poeta che legge un altro grande poeta. Egli fu così attratto dalla poesia dantesca, che aveva apprezzato in traduzione, che cominciò partendo dal testo della Commedia anche a studiare l’italiano. Osip Mandel’štam stabilisce un vero proprio dialogo con l’opera di Dante, un corpo a corpo: il suo fine non è solo arrivare a cogliere l’essenza della poesia dantesca ma quella della poesia stessa. Non è un caso che apra il suo libro con una riflessione sul linguaggio poetico e con l’enunciazione dell’assunto che la poesia esegue la natura per mezzo delle immagini (p.27) e con l’affermazione che Dante non è un fabbricante di immagini ma un ‘artigiano che foggia strumenti poetici’, ‘uno stratega di metamorfosi e ibridazioni’ (p. 28).

Per Mandel’štam la fama di Dante nuoce alla sua lettura, in quanti molti nutrono ammirazione per lui ma in realtà non lo hanno mai letto. Chi entra nel suo mondo quanto più avanza più si allontana dalla meta. Per leggere la sua poesia ‘bisogna munirsi di indistruttibili scarponi chiodati svizzeri’, in quanto la sua prosodia è strettamente legata all’andatura umana, all’atto stesso del camminare, alla misura e al ritmo dei passi (p. 33):
[…] Mi chiedo del tutto seriamente: quante suole di cuoio -quante scarpe, quanti sandali – avrà consumato l’Alighieri mentre si dedicava al suo lavoro poetico vagando per l’Italia lungo scoscesi sentieri da capre?
L’Inferno e ancor più il Purgatorio celebrano l’andatura umana, la misura e il ritmo dei passi, il piede, la sua forma. Il passo, coordinato con la respirazione e saturo di pensiero: è questo, per Dante, il principio della prosodia. […]
Leggere Dante significa imparare ad ascoltare quel flusso di energia che è poi la composizione, le sue metafore e le sue elusive similitudini (p. 36). Ma chi è Dante? È un uomo sempre indeciso, un poveretto, il cui cammino è sempre raddrizzato dal maestro, da Virgilio. In quest’indecisione c’è però tutta la ‘bellezza e potenza drammatica del poema, che ne crea lo sfondo, l’imprimitura psicologica’ (p.41).
La Commedia per Mandel’štam non è un racconto lineare o ‘l’estensione di un’unica voce’ ma un organo di grande potenza (p.43), che il poeta costruisce in anticipo sui tempi, provando di volta in volta ogni suo registro. È difficile definire o penetrare nella struttura del poema, che può essere considerato una ‘sola strofa, unica, indivisibile’, e la cui forma può essere paragonata a una figura cristallografica, a ‘un solido attraversato da un’incessante tensione generatrice di forme’ (p. 47).
Mandel’štam dedica molte pagine anche al pensiero metaforico dell’Alighieri, che a suo giudizio si caratterizza per la convertibilità o reversibilità (p.55-57) del materiale linguistico, per la continua oscillazione di significati e per la disintegrazione dell’immagine (p. 60), per la cosiddetta (metafora eraclitea, p. 61), e per la sospensione dello stesso tempo storico (p.97).
Osip legge sempre la poesia di Dante con riferimenti alla realtà, alla fisicità delle cose. Nel V capitolo del suo saggio ricorda che egli era vissuto in un periodo storico in cui fioriva la navigazione a vela. Non bisogna escludere che ne abbia osservato le ‘manovre, i bordeggi’. Partendo da questa ipotesi arriva a commentare in questo modo il ventiseiesimo canto dell’Inferno (p. 63):
[…] fra tutte le composizioni dantesche, quella più velica, quella che più bordeggia, che meglio manovra zigzagando […]
Dante uomo del passato? No, al contrario. Per il poeta russo è un uomo del futuro. I suoi canti vanno riferiti al nostro presente. Pur essendo un antimodernista la sua attualità è incalcolabile (p. 65), in quanto ha saputo fare della teologia una riserva dinamica. Al contrario di come pensano i più non ha inventato nulla, non aveva alcuna fantasia. Egli ‘trascriveva’ ciò che gli dettavano ‘maestri severissimi e impazienti, molto più importanti di chi per convenzione è chiamato poeta’ (p. 91-92):
[…] Scrive sotto dettatura, è un amanuense, un traduttore… Sta tutto curvo nella posa di un copista […] Credo di aver dimenticato di dirlo: antefatto della Commedia fu qualcosa di simile a una seduta spiritica. Proprio così, anche se suona un po’ esagerato […]
In conclusione, quella della Commedia è una grandissima lezione di ascolto? Se è così l’uomo moderno dovrebbe rimparare a riascoltare la voce dell’Altro. Forse è questo il più grande insegnamento che Dante e Mandel’štam ci hanno lasciato.