È tardo pomeriggio. Sono nel mio giardino. Leggo Il figlio del Paradiso di Ghvmbert Catholicvs (nome d’arte di Umberto Martorana). Mi colpisce di questo scrittore, fin dalle prime pagine, il gusto per l’ibridazione, per la fusione in un testo di prosa breve di generi fra loro molto diversi: il racconto, il saggio filosofico e teologico. L’autore non segue schemi precisi e codificati. La sua opera non rientra assolutamente in una narrativa di tipo commerciale; anzi al contrario si percepisce una forte immaginazione che si fonde con una vasta erudizione e con riferimenti biografici personali. La scrittura ha qui una funzione esistenzialistica: il personaggio-protagonista, narratore della propria vicenda, guarda con distanza, attraverso la lente della creazione letteraria il proprio passato, le persone che ha conosciuto nella sua vita ma anche la storia della sua terra di origine, cioè la Sicilia, e in particolare Taormina.
Come l’ultimo dei ‘gattopardi’ riconosce che la sua anima è il frutto di incontri di culture e radici a volte contrastanti fra di loro. Proviene da una famiglia cattolicissima che fin dalla giovane età lo ha educato ai valori cristiani. Centrale nel suo percorso di crescita è stato, come lui stesso riconosce, un certo zio Clemente, protonotario apostolico della reale cappella palatina di Palermo con il quale passava le giornate a disquisire su questioni teologiche, e poi il nonno paterno (lo stesso che aveva dato allo zio il nome di papa Clemente V), magro, dal portamento elegante, che trascorreva il tempo nella biblioteca di casa a leggere testi filosofici. Ma a dispetto di questa formazione cattolica in lui serpeggiano fluidi arcaici, una sorta di paganesimo e una razionalità che lo spinge a indagare su Dio, sulla natura, anzi a identificare Dio con la natura. Ciò lo porta alla conclusione che gli squilibri degli uomini sono il frutto di un allontanamento dalla natura.
La prima parte del testo è, quindi, una lunga digressione teologica e filosofica (impensabile nella narrativa contemporanea italiana molto appiattita su uno schema spesso fisso e sul romanzo poliziesco e giallo). Il protagonista-narratore per rispondere a un suo bisogno di verità e per spiegare la ragione per cui lui è il figlio del Paradiso fa ricorso alla sua memoria storica ma anche alla sua conoscenza della teologia e della filosofia. Un argomento apparentemente di poco rilievo come l’appellativo di figlio del Paradiso si intreccia con temi seri come quello di Dio, che considera spettatore delle sue vicende, e magari dotato di uno spiccato senso dell’umorismo e pronto a sorridere di quanto lui si accinge a scrivere (p. 9):
[…] Lontano dal voler essere blasfemo e irriverente verso l’Ente supremo, l’Altissimo: […] che sicuramente è al di sopra di ogni cosa e avrà un acceso e intenso senso dell’umorismo per potermi perdonare se involontariamente lo offendo. […]
Il protagonista della vicenda nella seconda parte del testo spiegherà che l’appellativo figlio del Paradiso deriva da una villa chiamata villa Paradiso, nella quale abitavano i suoi genitori. Quindi lui è il figlio del Paradiso perché è nato a villa Paradiso ma anche perché da bambino era bello come un angelo, e a ragione meritava di chiamarsi così.
I vari segmenti del testo sono tenuti insieme da un umorismo elegante e fine. Penso alle parti che l’io narrante dedica al racconto dell’ora in cui è nato, e che considera la causa di un trauma di cui ancora non riesce a liberarsi. Per determinare con precisione questo dettaglio ricorre alla cabala ebraica, a un amico matematico, all’oroscopo cinese, ecc. Tutti i suoi sforzi sono però vani, perché le vicende della sua vita come le disavventure teatrali e cinematografiche sembrano contraddire quanto gli oroscopi gli avevano predetto.
Molto intensi sono anche i passi che dedica a Maria, la balia, alla quale è stato legato da un affetto profondo e autentico. La figura della donna affiora sulla pagina in tutta la sua eleganza e femminilità facendo così percepire la genuinità di un mondo legato al sacro e ai riti della natura che l’uomo moderno con la sua sete di denaro e con una fede quasi cieca nella tecnica continua a distruggere. È forse questo il messaggio più importante del libro, che ci ricorda che ogni uomo non è solo razionalità ma anche tanto altro. E in quel tanto altro c’è la bellezza dell’umano e della natura. Che giorno dopo giorno purtroppo stiamo dimenticando e distruggendo!