Nonostante l’emergenza Covid sia solo un lontano ricordo, la follia pandemica non si ferma. Un infermiere si toglie per un attimo la mascherina e il primario, in preda al panico, chiama il 112. È accaduto il 17 agosto all’ospedale “Alessandro Manzoni” di Lecco. Ecco cosa hanno prodotto oltre due anni di narrazione del terrore accordata a presunti esperti e catastrofisti del Covid.
Secondo l’ordinanza, entrata in vigore il 1° maggio, l’obbligo di mascherine resta nelle Rsa, nei reparti ospedalieri di malattie infettive e nei pronto soccorso. Niente mascherine nei bar, in mensa e nelle sale di stazionamento degli ospedali. Anche se non è più obbligatorio l’utilizzo, resta la raccomandazione all’uso del dispositivo di protezione se sono presenti anziani, pazienti fragili e immunodepressi. In ultima analisi la decisione spetta ai direttori sanitari degli ospedali, ai direttori medici delle strutture territoriali e ai medici di famiglia e pediatri, nei loro studi e nelle sale d’attesa. Tuttavia, come avevamo già riportato, in Italia sono ben poche le direzioni sanitarie che hanno seguito alla lettera le indicazioni del ministro Schillaci.
E così può capitare che un primario chiami le forze dell’ordine perché un infermiere si toglie momentaneamente la mascherina per bere e per mangiare un biscotto. L’infermiere è stato probabilmente motivato da una breve pausa lavorativa. Se la polizia si è prontamente recate presso l’ospedale è solo perché gli agenti addetti allo smistamento delle emergenze avevano equivocato: il racconto concitato del primario era stato interpretato come una richiesta di aiuto dinanzi alle escandescenze di qualche parente di un qualche malato, come purtroppo molto spesso accade.
Una volta sul posto, i poliziotti hanno dovuto rassicurare il paranoico primario, spiegandogli che al momento non indossare la mascherina non costituisce un reato e la sua azione non ha rappresentato un pericolo per la salute pubblica. Al di là del panico ingiustificato, se consideriamo che persino per l’Oms lo stato di emergenza legato al Covid è ufficialmente terminato, tutt’al più l’unica possibile conseguenza potrebbe essere un’infrazione disciplinare.
Eppure, nemmeno questo è certo: l’azione dell’infermiere, infatti, potrebbe essere stata motivata da una breve pausa lavorativa, come lui sostiene, ed ecco perché la Aadi (Associazione avvocatura degli infermieri), ha inteso fornire la sua assistenza legale al povero infermiere. Lo difenderà dall’accusa di aver violato il protocollo anti-Covid, sostenendo appunto che il gesto è avvenuto durante una legittima pausa lavorativa.