Mentre prosegue l’offensiva di Israele dentro la Striscia di Gaza, con l’avanzata delle truppe di terra coperta da massicci bombardamenti dal cielo, la situazione per i civili palestinesi che si trovano in quella lingua di terra si fa sempre più drammatica. A testimoniarlo nel modo più chiaro, l’assalto di «migliaia di persone disperate» ai magazzini Onu dove sono stoccate le scorte di aiuti. «È un segnale preoccupante che l’ordine civile sta iniziando a collassare dopo tre settimane di guerra e d’assedio», ha detto Thomas White, il capo dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), citato dal Guardian.
Attorno all’operazione di terra cominciata dall’esercito di Israele venerdì sera nella Striscia di Gaza non si hanno ancora molte certezze. Israele non ha nemmeno voluto definire che tipo di operazione sta compiendo, e se quella in corso è davvero l’invasione di terra della Striscia che la leadership politica e militare israeliana annuncia da settimane. Quello che sappiamo al momento è che l’esercito israeliano è entrato nella Striscia di Gaza da almeno due punti: dal confine nord e dal confine est. Si tratta delle due estremità della zona nord della Striscia, quella che contiene Gaza (la città più importante e popolosa della zona) e da cui l’esercito israeliano aveva chiesto settimane fa l’evacuazione dei civili. Questo ingresso da due lati opposti fa pensare che Israele voglia circondare lentamente tutta l’area.
Anche se Israele non vuole chiamarla invasione, l’operazione cominciata venerdì è diversa e molto più ampia delle incursioni precedenti, quando piccoli gruppi di soldati israeliani erano penetrati nella Striscia di Gaza per fare operazioni mirate o di ricognizione per poi rientrare nelle loro basi in Israele. Questa volta i soldati entrati venerdì nella Striscia ci sono rimasti. Il cambio di passo è stato evidenziato anche nei comunicati dell’esercito israeliano e del primo ministro Benjamin Netanyahu, che hanno parlato esplicitamente di una «seconda fase».
Ma al tempo stesso questa non è l’invasione di massa che quasi tutti si aspettavano. Nelle scorse settimane l’esercito israeliano aveva ammassato nelle aree di confine con la Striscia 360mila riservisti, e la previsione di molti era che, una volta cominciata l’invasione, ci sarebbe stata un’operazione di terra estremamente ampia. Al momento non è possibile fare nemmeno una stima di quanti soldati e mezzi israeliani siano impegnati dentro alla Striscia, ma tutte le analisi disponibili al momento parlano di una forza relativamente agile, che anziché cercare di avanzare in poco tempo su Gaza potrebbe impiegare mesi in un lento lavoro di accerchiamento e di distruzione delle infrastrutture militari e dei tunnel di Hamas.
Lo stesso Netanyahu ha detto sabato sera che l’operazione di terra sarà «lunga e difficile» e un funzionario del governo ha aggiunto che potrebbe durare «mesi, forse un anno». Dal punto di vista militare, oltre all’aviazione, alla fanteria e ai carri armati, Israele ha inviato nella Striscia di Gaza anche l’unità speciale Yahalom, che è specializzata nell’individuazione e nella distruzione dei tunnel di Hamas. Il lavoro è per forza di cose estremamente lungo: si tratta di individuare i tunnel, disinnescare le trappole esplosive, eliminare gli ostacoli con i bulldozer armati e combattere con i miliziani che potrebbero trovarsi dentro, con il rischio di incappare in una mina o di essere sorpresi alle spalle.
Secondo la Bbc, è probabile che l’esercito di Israele voglia cercare di sgomberare la Striscia di Gaza dalle forze di Hamas «pezzo per pezzo», cioè con un’operazione lenta che ha l’obiettivo di prendere il controllo gradualmente e metodicamente di piccole porzioni di territorio, in un accerchiamento che potrebbe durare mesi. Questa tattica di lento assedio dovrebbe essere almeno in teoria più precisa e capace di limitare i morti civili. È molto probabile, in realtà, che contribuirà ad aumentare le sofferenze della popolazione di Gaza, perché rischia di allungare per tempi insostenibili l’«assedio totale» della Striscia, dove da ormai tre settimane non entrano acqua, cibo e carburante, se non in quantità estremamente limitate.
Un altro possibile vantaggio è che un’operazione di terra più accurata e su scala più ridotta potrebbe aumentare le possibilità di recuperare gli oltre 200 ostaggi presi da Hamas durante l’attacco del 7 ottobre. Infine, Israele spera che un’operazione di minore intensità potrebbe contribuire a ridurre il rischio di un’espansione della guerra a ulteriori fronti, evitando per esempio che l’Iran e la milizia libanese Hezbollah, davanti a un’invasione massiccia contro la Striscia di Gaza, si sentano in dovere di intervenire.