Le forze israeliane sono alle porte di Gaza, la città in cui vive circa un terzo della popolazione della Striscia (2,3 milioni di persone), e si preparano dopo un mese dall’attentato del 7 ottobre a sferrare l’assalto più diretto e rischioso ad Hamas. E mentre proseguono le operazioni di terra delle Idf a Gaza City, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato del futuro della Striscia: «Penso che ci assumeremo la responsabilità generale della sicurezza per un periodo indefinito», ha affermato il primo ministro di Tel Aviv in un’intervista all’emittente americano Abc News. Ma gli Stati Uniti si oppongono alla rioccupazione di Gaza da parte di Israele.
A un mese dal feroce attacco di Hamas, cui lo Stato ebraico ha risposto con la più massiccia operazione militare mai lanciata su Gaza, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che quando Israele non ha il controllo di Gaza «vediamo l’esplosione del terrore di Hamas su una scala che non potevamo immaginare» allontanando nuovamente l’ipotesi di «un cessate il fuoco senza il rilascio dei nostri ostaggi». Mentre «per quanto riguarda le piccole pause, un’ora qui, un’ora là, le abbiamo già avute», ha detto il premier. Ciò che farà il governo, sarà invece controllore «le circostanze, in modo da consentire ai beni, ai beni umanitari, di entrare, o ai nostri ostaggi, singoli ostaggi, di andarsene», conclude Netanyahu. Alle sue parole hanno fatto quelle dell’ex capo di stato maggiore e alleato/avversario di Netanyahu Benny Gantz: «Israele non intende certo cancellare Gaza», ha detto Gantz incontrando alcuni abitanti della zona del sud di Israele. «Gaza non sarà cancellata, resterà lì con Khan Yunes e Rafah anche il giorno dopo la guerra. Ma noi faremo in modo che da là non provengano più minacce, e che possiate dunque tornare alle vostre case».
La visione della comunità internazionale per il dopoguerra appare ben diversa da quella delineata da Netanyahu. Il vice portavoce del Dipartimento di Stato americano, Vedant Patel, ha risposto ai commenti del primo ministro Netanyahu su ABC News sul controllo a tempo indefinito della Striscia di Gaza: «Il nostro punto di vista è che i palestinesi devono essere in prima linea in queste decisioni. Gaza è terra palestinese e rimarrà terra palestinese. In generale, noi non sosteniamo la rioccupazione di Gaza e nemmeno Israele».
Una posizione condivisa anche dall’Italia. «Israele è un Paese in guerra, però io credo che si debba continuare a lavorare per la stabilità e la de-escalation», ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tahani, richiamando agli obiettivi finali «della soluzione due popoli e due Stati e della pace». Per Gaza, in particolare, «dovrà esserci una fase di transizione: può esserci ad esempio una presenza tipo quella in Libano dell’Unifil», ha detto il ministro del governo Meloni, secondo cui «da questo punto di vista si può trovare un accordo, ne abbiamo parlato e continueremo a parlarne». Una missione che non potrebbe comunque che essere a tempo. E dopo? «Certamente ci vuole tempo, ma noi siamo per far sì che il popolo palestinese sia fuori da questa guerra e che Hamas sia fuori dalla Palestina. Noi crediamo molto nell’Anp, che può essere un interlocutore per il futuro, come lo è oggi», ha detto ancora Tajani.