Sembra carne ma non lo è. Sapore, odore, consistenza e valori nutrizionali riproducono in modo pressoché identico le caratteristiche proprie della carne, ma dietro nessun processo di macellazione. Nessun animale, né allevamento. La filiera si riduce ad un laboratorio: le cellule staminali di un animale vengono coltivate in un ambiente privo di contaminanti e senza l’uso di antibiotici.
Con l’approvazione finale della Camera diventano legge i divieti di produzione e commercializzazione di carne coltivata e il “meat sounding” per le carni vegetali, ovvero l’utilizzo di termini come “salame” o “bistecca” per prodotti a base di proteine vegetali. La legge prevede sanzioni da 10.000 a 60.000 euro per ogni violazione. l’Italia è il primo paese europeo a introdurre un divieto di questo tipo. Il via libera definitivo è arrivato a Montecitorio: l’assemblea ha approvato con 159 sì, 53 no e 34 astenuti il disegno di legge presentato dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che proibisce la produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati. Il testo, come previsto, è stato votato dalla maggioranza. Il Pd si è astenuto, mentre Movimento 5 stelle e Avs hanno votato contro.
La carne coltivata è considerata un’alternativa possibile alla carne prodotta dagli allevamenti intensivi, e potrebbe ridurre in modo significativo l’impatto ambientale e una serie di problemi etici legati al consumo di carne. In Israele la società Supermeat realizza carne di pollo sintetica. I produttori sostengono che la carne non produce scarti, riduce drasticamente l’emissione di gas serra, circa il 98% rispetto agli allevamenti tradizionali e non richiede tanta acqua, il 99% in meno, oltre al 99% in meno di utilizzo di terra.
Secondo Lollobrigida la legge servirebbe a «tutelare la salute umana e il patrimonio agroalimentare». Il ministro si dice da tempo contrario alla carne coltivata e a una serie di altre iniziative volte a rendere più sostenibile la produzione e il consumo di alimenti, come ad esempio la produzione di farine di insetti, ma anche alle etichette con avvisi per la salute sugli alcolici: sono tutti ambiti regolamentati o comunque sorvegliati dalle autorità di controllo dell’Unione Europea. Sulla carne coltivata in Italia sono state espresse fortissime opposizioni anche da Coldiretti.
«È un risultato storico, di una grande importanza per quanto riguarda il nostro Paese, il primo a livello mondiale ad aver normato il divieto di vendita e commercializzazione di prodotti fatti in laboratorio», ha commentato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. Secondo Augusta Montaruli, vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera «con il provvedimento fortemente voluto dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, contro il cibo sintetico l’Italia rappresenta un modello anche per gli altri Paesi europei».
Ma i senatori e deputati del Movimento 5 Stelle in Commissione Agricoltura, Sabrina Licheri, Gisella Naturale, Luigi Nave, Alessandro Caramiello e Sergio Costa, non la pensano così. «Una normativa così campata in aria espone il nostro Paese al concreto rischio di una procedura d’infrazione in caso di approvazione del prodotto da parte dell’Unione Europea, a causa del contrasto tra il testo del governo e le norme comunitarie» scrivono in una nota. E non solo: «Emerge – scrivono – da notizie di stampa che anche al Quirinale ci sarebbe preoccupazione. Riempiendosi la bocca con il Made in Italy, infatti, l’esecutivo finirebbe in questo modo per danneggiare l’economia italiana, costringendo il nostro Paese a rinunciare a questo settore e all’indotto che ne deriverebbe in termini di giro d’affari e posti di lavoro».
Il rischio è quello di una procedura di infrazione. E la stessa preoccupazione arriva anche da Carla Rocchi, presidente nazionale Enpa. «Sull’apertura di una procedura d’infrazione ci sono pochi dubbi poiché la legge approvata oggi dal Parlamento si pone in netto contrasto con le norme europee. Tra non molto – prosegue Rocchi – tutti gli italiani si troveranno a pagare di tasca propria la deriva reazionaria di questo provvedimento, che in linea con la tradizione del migliore Minculpop arriva persino a censurare il nome dei prodotti ‘veg’».