Oggi cammino e leggo. Mi immergo nella magia del fiume, del suo corso ma anche nella poesia di Philippe Jaccottet. C’è sole e luce nel mondo intorno a me. Dura però solo un attimo. Si fa notte. Gli alberi sono battuti dal vento, vorticano ombre, ogni cosa freme, vive… affiora di straforo la pienezza e la bellezza dell’estate (p. 5).
Mi fermo un istante. Osservo il paesaggio, l’Arno, gli alberi. Medito sui versi: mi comunicano un’adesione profonda alla vita, una presenza unica, autentica della natura, un dialogo continuo con un ‘tu’. Chi è? Una persona amata? O un’identità indefinita? Certo è il suo ‘bene’, ed è fonte di ‘dolcezza e ferita’ (p. 9):
[…] Sei qui,volteggia l’uccello del vento,
tu mia dolcezza e ferita, mio bene.
Sfuma la luce di antichi torrioni,
la tenerezza schiude i suoi sentieri. […]
Anch’io come il Poeta mi sento straniero nella vita. Anch’io parlo a una sola persona, in ‘versi strani’. Anch’io cerco un ‘luogo sperato’, ‘un’età fiorita’, un ‘nido di paglia’, ‘pioggia sopra i rami’ (p.11):
Sono straniero nella nostra vita,
perciò a te sola parlo, e in versi strani:
a te, luogo sperato, età fiorita […]
Mi sento vicino a Jaccottet. Comprendo il suo bisogno di umanità, di calore, di felicità. Comprendo il suo malessere, l’inquietudine che lo anima, il suo bisogno di spiritualità, di liberarsi dalle passioni, dal desiderio di possesso. Anch’io credo che nel non possesso ci sia la vera libertà (p.13), e che in realtà non si possiede nulla. Anch’io mi sento attratto dal mare, dai suoi toni e colori, dal senso dell’assenza, da un tu che c’è e non c’è, dall’acuta percezione dei giorni che svaniscono, e si dissolvono in immagini vorticose e potenti (p. 21):
Di nuovo cupo il mare. Tu capisci,
è l’ultima notte. Ma chi chiamo? A nessuno
parlo, all’infuori dell’eco, a nessuno.
Dove strapiomba la roccia il mare è nero, e rimbomba
in una campana di pioggia. […]
Jaccottet non è solo un poeta: è un fratello maggiore che canta la bellezza. Non quella assoluta, eterna, indissolubile ma quella passeggera delle cose, del mondo che passa. Quella che anch’io, leggendo i suoi versi, posso scoprire nel viaggio della vita, magari dirigendomi verso Sud, in un Altrove, in un mondo antico eppure sempre nuovo, magari andando fra Napoli e Palermo (p. 33):
Non la Bellezza, certo, ho qui incontrato,
a nolo in questa cabina di seconda,
e poi sbarcato a Palermo, spensierato,
bensì la fuggitiva bellezza del mondo.L’altra, l’ho forse vista nel tuo viso,
ma il nostro corso fu quello delle acque,
che tracciano, sulle spiagge a sud di Napoli,
i vasti geroglifici che poi l’estate beve […]