Expo 2030 si terrà a Riad, in Arabia Saudita. I voti espressi a Parigi, nella sede del Bureau International des Expositions (Bie), l’organizzazione intergovernativa che gestisce le Esposizioni universali, hanno fatto ottenere alla città saudita oltre due terzi di preferenze al primo turno, sufficienti a evitare il ballottaggio. Delusione per Roma che puntava proprio al ballottaggio ma che invece ha ottenuto solo 17 voti arrivando terza, battuta anche dalla città sudcoreana di Busan che è arrivata invece seconda con 29 voti.
Quella di Roma all’Expo 2030 è stata «una brutta sconfitta, siamo amareggiati», ha detto il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, rispondendo ai cronisti al termine della riunione dei delegati del Bie. Bisogna, ha commentato, «sportivamente accettare la sconfitta. Quella di Riad è una vittoria schiacciante. Ma quello di Roma era un bellissimo progetto». Anche se nelle ultime settimane era diventato chiaro che Riyad avrebbe vinto agevolmente, e anche se si sapeva che la concorrenza saudita sarebbe stata proibitiva, i responsabili della candidatura designati dal governo erano convinti di poter fare affidamento su una base minima di 50 voti, e quindi di poter raggiungere almeno il secondo posto.
World Expo 2030: 1st round of voting
🇰🇷 Republic of Korea – 29
🇮🇹 Italy – 17
🇸🇦 Saudi Arabia – 119
Abstentions – 0BIE Member States elect Saudi Arabia as host country of World Expo 2030! Congratulations Riyadh! pic.twitter.com/QPKZdBT5xs
— BIE (@bieparis) November 28, 2023
Insomma, la prevedibile sconfitta ha assunto solo la dimensione di un’inaspettata disfatta diplomatica. Ma in effetti, a ripercorrere a ritroso le varie tappe che hanno portato al voto, si capisce che la candidatura di Roma era piuttosto debole fin dall’inizio, e che a renderla poi difficilmente sostenibile hanno contribuito le scelte diplomatiche del governo italiano.
L’annuncio della candidatura di Roma era arrivato con una lettera firmata dal presidente del Consiglio Mario Draghi il 28 settembre del 2021. Dato che era in corso la campagna elettorale candidatura venne firmata da Virginia Raggi del M5s, da Roberto Gualtieri del Partito Democratico, da Enrico Michetti del centrodestra e da Carlo Calenda di Azione: chiunque fosse diventato sindaco, avrebbe sostenuto la candidatura di Roma.
Al momento dell’annuncio di Draghi, la candidatura di Riyad non era ancora certa: si sarebbe concretizzata solo nelle settimane seguenti, a fine ottobre. Le candidature certe erano invece Busan e Mosca. E poi c’era un’altra ipotesi, in quel momento forse la più accreditata: Odessa. L’Ucraina stava già valutando da tempo la candidatura della città sul Mar Nero, e l’avrebbe confermata il 15 ottobre seguente. Le cose cambiarono però dopo l’inizio della guerra con la Russia. La candidatura russa perse subito peso. Quella ucraina divenne un po’ un’incognita. In caso di una conclusione rapida della guerra Odessa sembrava l’ipotesi più solida, anche per il valore simbolico che la scelta avrebbe assunto: e a quel punto anche l’Italia avrebbe dovuto rinunciare alla propria candidatura in favore di quella ucraina.
Il 23 maggio la Russia ritirò la candidatura di Mosca. A metà giugno anche l’Ucraina rinunciò. A luglio la crisi di governo portò in Italia alle dimissioni di Draghi e a nuove elezioni, vinte dalla coalizione di destra: Giorgia Meloni divenne presidente del Consiglio. Meloni non ha mai mostrato ufficialmente perplessità sull’Expo, del resto un eventuale ritiro della candidatura di Roma l’avrebbe esposta alle inevitabili critiche delle opposizioni. Informalmente, però, i dirigenti di Fratelli d’Italia hanno spesso mostrato scetticismi e tentennamenti. Durante la sua visita a Kiev, nel febbraio del 2023, Meloni propose pubblicamente al presidente ucraino Volodymyr Zelensky di lavorare a una candidatura congiunta “europea” di Roma e Odessa.
Il progetto di Roma 2030, infatti, era sostanzialmente rimasto quello elaborato dalla giunta di Raggi, anche dopo la vittoria di Gualtieri e del centrosinistra alle comunali dell’ottobre del 2021. L’idea era la “città orizzontale”: non grattacieli o palazzi imponenti, ma villaggi diffusi soprattutto nell’area est della città, alimentati da un enorme parco di pannelli fotovoltaici. Il 20 giugno del 2023 Meloni intervenne all’assemblea parigina del Bie per inaugurare la campagna a sostegno di Roma 2030. Alcuni commentatori notarono come il suo discorso e il resto dei contributi della delegazione italiana fossero incentrati su valori e principi (inclusività, multiculturalismo, contrasto alla crisi climatica, superamento delle differenze di genere) che apparivano quantomeno distanti dalle priorità dell’agenda di governo, e in apparente contraddizione con l’immagine di leader sovranista su cui aveva puntato in campagna elettorale.
A questo va anche aggiunta l’immagine della Capitale. Mentre si mostrava al mondo una città con anziani felici che giocano a scacchi davanti al Colosseo, da mesi il mondo propone sulle prime pagine dei giornali una città piena di cantieri, assaltata da ratti e cinghiali, ricoperta da immondizia. Aggiungere che «Expo sarebbe stata l’occasione perfetta per la città che nel 2025 ospiterà anche il Giubileo», non è bastato. Così come non è bastato schierare tre “madrine” d’eccezione: la campionessa paralimpica Bebe Vio, e le attrici Sabrina Impacciatore e Trudie Styler. Non è servito a nulla. Ma la perdita a livello economico è stata imponente: 50,6 miliardi di euro.