Siamo in una casa. Anna, una vecchia levatrice dice che ci vuole altra acqua. La scena è essenziale. È una famiglia di pescatori. Olai sente dalla camera un grido soffocato. Teme per la moglie Marta. Sta per dargli un figlio maschio. Si chiamerà Johannes.
Poche pagine dopo (pp. 35 e seguenti) ritroviamo Johannes ormai vecchio. Si sveglia rigido, anchilosato. Resta a lungo sdraiato sul letto. C’è stato un lunghissimo salto temporale. Il tempo trascorso si è sedimentato nella sua coscienza. La sua stessa vita è ormai la sua coscienza. Non è, però, il passato ma un presente in cui come per magia si materializza anche ciò che è stato e che continua a esistere.
Johannes guarda il cielo sopra di lui (p. 60): è sempre grigio, e anche lui è lo stesso vecchio. Vuole uscire, vuole fare un giro in barca (p. 61) e vorrebbe pescare come ai vecchi tempi. Se riuscisse a pescare abbastanza pesce andrebbe in città a venderlo, e nel momento in cui si avvia verso il mare, e lo vede calmo si domanda se avrà il coraggio di spingersi fino in mare aperto (p. 63). Cammina, va verso il bagnasciuga, e gli sembra di vedere Peter, l’amico morto, il quale si volta verso di lui e gli strizza l’occhio (p. 64).
Johannes respira il profumo salmastro del mare. Peter è scomparso. Si domanda che fine abbia fatto (p. 65). È sicuro di aver parlato con lui. Non capisce cosa sta accadendo. Tutto intorno a lui è cambiato e allo stesso tempo è come sempre. Poi sente la voce di Peter che gli dice che deve decidersi, e lo rivede che fissa il mare aperto (p. 67). Vuole fargli uno scherzo, prende una pietruzza e la lancia verso la schiena dell’amico ma l’attraversa e colpisce un grande pietra. Non capisce come ciò sia possibile. Peter resta in silenzio. Si siede su un sasso, estrae la pipa e fuma. L’odore di tabacco si mescola a quello del mare. Anche Johannes fuma. Peter lo invita a salire sulla barca, a bordo. Johannes sale a fatica: è diventato un vecchio, non è più il giovane forte di un tempo. Peter avvia il motore. Johannes dalla barca guarda le alture, le rocce, le case sulla terraferma: ha la consapevolezza che non le rivedrà più allo stesso modo (p. 84):
[…] ha la sensazione che non rivedrà mai più tutto questo allo stesso modo, ma rimarrà dentro di lui, come ciò che è davvero, come un suono, sì, quasi come un suono dentro di lui, pensa Johannes e si porta le mani agli occhi e li sfrega e vede che ogni cosa riluce, dal cielo laggiù, da ogni parete, da ogni sasso, da ogni barca, tutto scintilla verso di lui […]
Vanno verso il largo. Provano a pescare. Johannes lancia l’esca più volte ma non scende giù. Peter gli dice che il mare non lo vuole. Scoppia a piangere, lo conduce a terra. È lì che incontra la defunta signorina Pettersen ma anche la moglie morta Erna (p. 120). Va verso di lei. Prende la sua mano: è fredda. Erna e Johannes si conducono a vicenda lungo la strada. Si ritrovano per un istante. Il tempo di un attimo.
A segnare una svolta nella vicenda è l’incontro fra Johannes e la figlia Signe. Lei non lo vede, lui la chiama, grida ma lei non lo sente. Ha gli occhi neri di paura e va trafelata verso la casa dell’uomo. Intuisce che è accaduto qualcosa di terribile. Allora l’ambiguità che caratterizza tutta la storia si risolve: scopriamo che Johannes non è più nella vita ma è morto. È disteso senza vita nel suo letto. La sua anima,invece, ha intrapreso un viaggio per un luogo sconosciuto, al limite fra l’ombra e la luce, fra la morte e la vita. E Peter è lì per lui, per aiutarlo a ‘passare al di là’, per condurlo in ‘un altro posto’ (p. 146-8), in ‘mare aperto’, in un luogo dove non c’è dolore e paura, dove non c’è più né Peter né Johannes e ‘il cielo e l’oceano sono tutt’uno e il mare e le nuvole e il vento sono tutt’uno’ (pp. 150-1).