Le opposizioni ne chiedono le dimissioni. Matteo Salvini e la maggioranza lo blindano. Ma il diretto interessato, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, al momento esclude di lasciare il suo incarico e lo ha ribadito ieri durante un’audizione alla Camera: «Fino a quando la maggioranza sosterrà la mia impostazione su progetti seri, credibili e sostenibili non vedo perché dimettermi».
Tutto è iniziato dopo il voto con cui la Camera ha bocciato la proposta di ratifica della riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità che garantisce un fondo di protezione finanziaria agli Stati europei che dovessero trovare difficoltà nel trovare risorse sui mercati, e alle banche nel caso in cui dovessero entrare in crisi. Dei 20 paesi aderenti al Mes, l’Italia è l’unica che finora non ha ratificato il nuovo trattato: così facendo ne impedisce la piena attuazione, per la quale è necessario che tutti gli Stati che ne fanno parte approvino la riforma.
Proprio per via di questa posizione ostruzionistica dell’Italia, negli ultimi mesi Giorgetti era stato più volte interrogato dall’Europa sulle intenzioni del governo italiano. In queste riunioni Giorgetti si era più volte detto sostanzialmente d’accordo sull’opportunità di ratificare il Mes, ma al tempo stesso aveva sempre mantenuto una certa ambiguità, ribadendo che nel parlamento italiano non c’era una maggioranza a favore della riforma. All’indomani dek voto con cui la Camera aveva respinto la ratifica, intercettato dai cronisti fuori dal Senato aveva detto che «il ministro dell’Economia e delle Finanze aveva interesse che il Mes fosse approvato per motivazioni di tipo economico e finanziario», ma che il dibattito politico intorno a questa ratifica aveva assunto toni troppo esasperati, per cui «non c’era aria per l’approvazione».
L’incongruenza tra quello che Giorgetti pensa e la scelta fatta dalla maggioranza è risaltata in modo ancor più evidente dal fatto che il partito più ostile alla ratifica del Mes è stato la Lega, cioè il partito di Matteo Salvini di cui proprio Giorgetti è vicesegretario. A votare contro la ratifica del Mes sono stati infatti la Lega e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. È stato dunque il suo stesso partito a contraddire Giorgetti.
Secondo i partiti di opposizione, in particolare Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, le parole di Giorgetti denotano una sua irrilevanza politica all’interno del governo, perché se ritiene che prendere una certa decisione tuteli gli interessi del paese non può rassegnarsi a constatare la contrarietà dei partiti di maggioranza: piuttosto, deve cercare di indirizzarli nella direzione da lui auspicata.
Ieri intervenendo in audizione alla Camera, Giorgetti si è contraddetto un po’ rispetto a quanto aveva detto venerdì scorso. Ha spiegato che per l’Italia non ci sono particolari rischi legati alla mancata ratifica del Mes perché lo stato di salute patrimoniale delle banche italiane è più solido di quello delle altre banche europee. «Non ho mai detto in nessun luogo istituzionale né in Europa né altrove che l’Italia avrebbe ratificato il Mes. Ho solo detto che se il termine era quello di fine anno ovviamente entro il 31 dicembre l’Italia avrebbe fornito una risposta», ha detto Giorgetti.
Ma Giorgetti in questa fase è indebolito anche da un’altra questione sempre relativa all’Europa e a temi economici: la riforma del Patto di stabilità, cioè la definizione delle nuove regole fiscali e di bilancio europee. Ad aprile la Commissione Europea aveva presentato una sua proposta di modifica del Patto, e da allora si era aperto un negoziato tra i vari Stati membri. Il governo Meloni si era impegnato a ottenere delle concessioni molto ambiziose e poco realistiche: chiedeva, cioè, che le spese fatte per sostenere gli investimenti strategici, come quelli sulla difesa o la transizione ecologica e digitale, non venissero computate nel calcolo del deficit. Anche qui Giorgetti aveva tenuto una tattica un po’ equivoca nei negoziati: da un lato aveva lasciato intendere che alcune rivendicazioni italiane erano insostenibili, ma dall’altro aveva minacciato di ricorrere al veto per impedire l’approvazione del nuovo Patto di stabilità, che richiede invece l’unanimità dei 27 Stati membri dell’Unione Europea.
Ma alla fine l’Italia non ha messo il veto e ha accettato la mediazione finale di Germania e Francia. Subito dopo l’annuncio dell’adozione del nuovo Patto di stabilità, però, è stata la stessa Meloni a dirsi non molto soddisfatta del risultato raggiunto, pubblicando un comunicato in cui esprimeva «rammarico» per il mancato accoglimento di alcune richieste del governo italiano. Il principale responsabile del negoziato è stato Giorgetti e ieri, durante il suo intervento alla Camera, il ministro ha riconosciuto che il Patto di stabilità appena approvato è in realtà peggiore per l’Italia rispetto alla prima versione proposta dalla Commissione Europea. «Non possiamo e non dobbiamo fare festa sul Patto di Stabilità. È un compromesso, se un compromesso verso il basso o verso l’alto, io ho detto e ribadisco che le valutazioni le faremo tra qualche tempo».