Già gravemente provato dalla guerra tra Israele e Hamas, e da quella che rischia di scoppiare definitivamente tra Stato ebraico ed Hezbollah, il Medio Oriente fa i conti con una nuova, pericolosa e inaspettata escalation con gli attacchi incrociati tra Iran e Pakistan. L’Iran, il principale paese sciita della regione, anziché compiere azioni contro Israele ha colpito con attacchi missilistici l’Iraq, la Siria e il Pakistan. Il Pakistan ha peraltro risposto all’attacco iraniano, bombardando a sua volta il territorio dell’Iran. E tutto questo avviene mentre gli Stati Uniti bombardano il gruppo dei ribelli Houthi in Yemen, che sono alleati dell’Iran e compiono attacchi contro le navi commerciali nel mar Rosso.
Fin qui le azioni di tutti i paesi e dei gruppi coinvolti ruotano attorno alla guerra a Gaza. Dal 7 ottobre del 2023, il giorno dell’attacco di Hamas contro i civili israeliani, le tensioni in Medio Oriente si sono concentrate tutte attorno a Israele e alla Striscia di Gaza. Tutti i rischi di nuovi scontri e di un’estensione del conflitto finora sono stati fatti risalire alla guerra a Gaza e alla possibilità che l’Iran e i suoi alleati, come il gruppo libanese Hezbollah, decidessero di intervenire contro Israele, il loro più grande nemico. In realtà, l’Iran e Hezbollah hanno fatto capire che, allo stato attuale delle cose, non intendono attaccare direttamente Israele.
Diverso è invece il discorso sui ribelli Houthi, che controllano metà dello Yemen dopo avere iniziato una guerra con il governo centrale yemenita dieci anni fa. Da dicembre i ribelli hanno cominciato ad attaccare con razzi e missili le navi commerciali che passano per il mar Rosso. Gli Houthi hanno detto che gli attacchi contro le navi sono una risposta alla guerra a Gaza, e che si interromperanno quando Israele smetterà di attaccare la Striscia. Gli Stati Uniti, davanti a una crisi commerciale che rischiava di diventare molto grave, hanno deciso di bombardare obiettivi militari degli Houthi.
Poi però l’Iran ha cominciato a bombardare altri paesi. Di questi bombardamenti soltanto uno, compiuto martedì contro il Kurdistan iracheno, ha almeno ufficialmente un legame con Israele: i media iraniani hanno detto che è stato bombardato un «quartier generale» del Mossad, l’agenzia di spionaggio israeliana per l’estero.
In Siria, l’Iran sostiene di aver bombardato le postazioni di alcuni gruppi terroristici sunniti, e in particolare dell’Isis, gruppo che aveva rivendicato l’attacco terroristico compiuto a Kerman, in Iran, all’inizio di gennaio, in cui erano state fatte esplodere due bombe ed erano state uccise 84 persone. I bombardamenti in Siria contro l’Isis sono con ogni probabilità una risposta all’attentato. Sui bombardamenti iraniani in Pakistan le interpretazioni sono meno chiare. L’Iran ha detto di aver colpito postazioni del gruppo sunnita Jaish al Adl, che opera al confine tra Iran e Pakistan e che viene considerato terroristico sia dal governo iraniano sia da quello statunitense. I miliziani di Jaish al Adl hanno fatto in passato (anche negli scorsi mesi) attentati terroristici gravi sia in Iran sia in Pakistan, ma è la prima volta che l’Iran reagisce con questo tipo di violenza.
Benché le ragioni immediate degli attacchi non riguardino Israele, questi bombardamenti sono la prova che l’Iran e i suoi alleati sono sotto pressione, e questa pressione è stata ovviamente creata dalla guerra a Gaza. Anche se finora la leadership iraniana ha cercato di evitare di coinvolgere direttamente il paese e i suoi alleati nella guerra, sapendo che questo porterebbe a problemi e instabilità che potrebbero mettere in discussione la sua stessa esistenza. Per questo, nella guerra a Gaza, l’Iran ha l’esigenza di mostrarsi intransigente contro Israele, senza però provocarne la reazione militare.
Insomma, in Medio Oriente sono in corso tante crisi legate tra loro ma che è difficile ricostruire, anche per la complessità dei rapporti di amicizia e inimicizia tra i vari paesi, e per la presenza di gruppi che pur essendo legati a qualche governo si muovono con qualche grado di autonomia.