Come da previsione, le nuove stime economiche della Commissione europea rivedono al ribasso la crescita dell’intera Ue e anche quella dell’Italia. Nel 2024 il Pil crescerà dello 0,9% nella Ue (rispetto alla stima precedente dell’1,3%) e dello 0,8% nell’Eurozona (rispetto all’1,2% della stima precedente). Nel 2025 l’economia tornerà in una nuova fase espansiva e crescerà dell’1,7% nella Ue e dell’1,5% nell’Eurozona.
In tutta l’Unione europea l’economia sta crescendo meno delle attese. La Germania, che l’anno scorso è andata in recessione, dovrà accontentarsi di un mini recupero dello 0,3%. Il 2023 infatti si è chiuso in rallentamento e l’anno è iniziato con uno slancio “debole”. Le stime, peraltro, sono soggette a rischi al ribasso a causa delle tensioni geopolitiche e del rischio di un ulteriore allargamento della crisi in Medio Oriente che ha già fatto esplodere i costi delle spedizioni tra Asia ed Europa.
La Commissione Ue rivede al ribasso le stime di crescita per l’Italia. Il nostro Paese crescerà dello 0,7% nel 2024 contro lo 0,9% delle stime autunnali e contro l’1,2% ottimisticamente atteso dall’esecutivo e previsto dalla legge di Bilancio. La Penisola finisce così al 21esimo posto tra i 27, smentendo la narrazione del centrodestra su un Paese che “corre” più degli altri. L’inflazione, invece calerà in Italia più che altrove.
Dopo essere diminuito dello 0,3% nel secondo trimestre del 2023, il Pil è aumentato nel terzo e nel quarto trimestre, fornendo un effetto «marginale» positivo nel 2024. Si prevede che la produzione continuerà a crescere lentamente nel 2024, con il potere d’acquisto delle famiglie che dovrebbe beneficiare della disinflazione e dell’aumento dei salari, in un contesto di mercato del lavoro resiliente. Gli investimenti sono destinati a riprendersi, guidati da progetti infrastrutturali finanziati dal governo e dal Pnrr che compensano il freno derivante dalla minore spesa per la costruzione di alloggi.
Si prevede un’accelerazione degli investimenti nel 2025, man mano che l’attuazione dei progetti sostenuti dal Pnrr accelera, stimolando sia la spesa per le infrastrutture che l’acquisto di beni materiali e immateriali delle imprese, che si prevede trarranno vantaggio anche dal miglioramento delle condizioni finanziarie. Si prevede che questa impennata nella spesa in conto capitale si tradurrà in una crescita più forte delle importazioni, al di sopra delle prospettive leggermente in miglioramento per le esportazioni. Quanto all’inflazione è diminuita costantemente lo scorso anno rispetto al picco del 2022, guidato dal rapido calo dei prezzi dell’energia passando gradualmente agli altri beni, ma anche dai limitati incrementi dell’inflazione dei servizi. Nel quarto trimestre del 2023 l’inflazione è scesa all’1% su base annua ed è rimasta al di sotto dell’1% a gennaio. Gli aumenti salariali moderati hanno finora contribuito a tenere sotto controllo i prezzi. Con il graduale rinnovo dei principali contratti collettivi di lavoro, ci si aspetta che i lavoratori recuperino le passate perdite di potere d’acquisto.