Tempo di festività, tempo di guerra. Nel Medio Oriente, dove sono nate le religioni, il conflitto tra Israele e Hamas che sta causando già una catastrofe umanitaria. Papa Francesco, i Patriarchi e i Gerarchi di Gerusalemme si sono espressi su questa situazione manifestando la loro solidarietà a tutte le vittime e alle loro famiglie chiedendo il ripristino della pace. Lunedì anche il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato la prima risoluzione per chiedere un immediato cessate il fuoco nella Striscia di Gaza.
Sulla carta le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza sono vincolanti, quindi tutti i membri dell’Onu, Israele compreso, sono obbligati a rispettarle. È comunque difficile che il governo di Netanyahu, che finora ha resistito a qualsiasi pressione per ridurre l’intensità della guerra a Gaza, possa effettivamente rispettarla.
Nel testo si «chiede un cessate il fuoco immediato per il Ramadan rispettato da tutte le parti che conduca a un cessate il fuoco durevole e sostenibile e il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, nonché la garanzia dell’accesso umanitario per far fronte alle loro esigenze mediche e umanitarie». Per diversi funzionari ed esperti di diritto istituzionale la risoluzione non sarebbe vincolante perché non utilizza il verbo “decidere” e non è stata adottata nell’ambito del Capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite, quello che elenca i provvedimenti che il Consiglio può prendere per riportare la pace in situazioni di conflitto.
Il Consiglio di Sicurezza è considerato il più importante dei sei organi principali dell’Onu ed è composto da dieci paesi che si alternano e cinque membri permanenti che hanno il potere di veto: sono Russia, Cina, Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Lo Statuto dell’Onu attribuisce al Consiglio la responsabilità di mantenere la pace e la sicurezza mondiali. Lo strumento giuridicamente più rilevante usato dal Consiglio è quello delle “risoluzioni”, che sono considerate vincolanti per tutti gli stati membri sulla base dell’articolo 25: significa che, almeno sulla carta, quando il Consiglio di Sicurezza dice a uno stato membro di fare una certa cosa attraverso una risoluzione, quello stato è obbligato a rispettare la decisione.
Alcune risoluzioni possono essere considerate “più vincolanti” di altre quando vengono adottate «nell’ambito del Capitolo VII» dello Statuto dell’Onu, che permette al Consiglio, in situazioni particolarmente critiche o nel caso in cui uno stato ignori le sue richieste, di mobilitare gli stati membri delle Nazioni Unite, anche a livello militare, per «mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale». La menzione del Capitolo VII non comporta necessariamente una richiesta agli stati membri da parte dell’Onu di intervenire per ristabilire o mantenere la pace, e negli ultimi anni è diventata sempre più un’espressione usata per dare forza teorica a una risoluzione.
In passato la comunità internazionale si è domandata se la mancanza di citazione del Capitolo VII in una risoluzione del Consiglio la rendesse non vincolante: nel 1971 la Corte internazionale di giustizia, il più importante tribunale delle Nazioni Unite, sostenne però che ciò che rende vincolanti le risoluzioni è l’articolo 25, che non fa parte del Capitolo VII, e che quindi citare o meno il Capitolo VII non cambia la natura di una risoluzione, che è sempre vincolante. Tuttavia nella pratica questa mancanza è vista da molti come un modo per rendere una risoluzione meno forte, meno “vincolante”, poiché la priva di mezzi pratici che potrebbero essere adottati per farla rispettare.
Nonostante manchi un riferimento al Capitolo VII, la risoluzione sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza è comunque molto chiara riguardo alla sua natura vincolante attraverso il linguaggio usato. Come succede da sempre nel diritto internazionale, il rispetto delle norme dipende non tanto dal modo in cui sono scritte, ma dalla volontà degli stati di rispettarle, perché non esistono strumenti coercitivi davvero efficaci. Fra quelli più usati ci sono le sanzioni, cioè lo strumento che il Consiglio di Sicurezza ha a disposizione per provare a convincere (o costringere) uno stato a rispettare norme del diritto internazionale o una sua risoluzione vincolante, ma nel corso del tempo molti governi sottoposti a sanzioni non solo non hanno cambiato il proprio comportamento, ma hanno anche trovato il modo di aggirarle. Israele è uno di quegli stati che hanno più volte aggirato le risoluzioni vincolanti del Consiglio di Sicurezza.