Le opposizioni si preparano alla battaglia in Parlamento a suon di mozioni di sfiducia. Nell’Aula della Camera, tra oggi e domani, la coalizione di governo sarà chiamata a difendere ben due ministri dal voto di sfiducia. Più che remote le possibilità che Daniela Santanchè e Matteo Salvini possano essere colpiti dalla sfiducia che comporterebbe la dimissione dai loro incarichi di governo. Tuttavia, le questioni poste dalle opposizioni nelle due distinte mozioni di sfiducia, da una parte le inchieste sull’attività economica della ministra del Turismo e, dall’altra, i rapporti tra la Lega e il partito Russia Unita, restano grane non da poco per il governo.
La mozione su Salvini è stata presentata il 23 febbraio scorso dai capigruppo di quasi tutti i partiti di opposizione. Il primo a promuovere l’iniziativa era stato il capogruppo di Azione, Matteo Richetti, al quale si erano poi associati i capigruppo di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra, impegnando dunque tutto il centrosinistra a eccezione di Italia Viva e + Europa. La mozione contesta a Salvini i rapporti tra la Lega e il partito di Vladimir Putin, Russia Unita, e alcune sue reiterate manifestazioni di vicinanza al regime di Putin, che secondo i proponenti getterebbero discredito sul governo italiano.
La mozione contro Santanchè, che presuppone le sue dimissioni sulla base delle diverse vicende giudiziarie che la vedono coinvolta e che riguardano la sua attività di imprenditrice svolta prima di entrare al governo, fu depositata alla Camera il 6 luglio del 2023 dal Movimento 5 Stelle, che contestualmente ne depositò una analoga al Senato. Quest’ultima fu discussa, votata e respinta dall’aula del Senato il 26 luglio. La settimana scorsa, dopo che si era saputo che Santanchè fosse indagata dalla procura di Milano anche per truffa aggravata, il capogruppo del M5s alla Camera Francesco Silvestri ha recuperato la mozione rimasta sospesa, l’ha aggiornata e l’ha ripresentata.
È molto improbabile che le mozioni vengano approvate. A rendere scontato l’esito della votazione ci sono innanzitutto le statistiche. Delle 82 mozioni di sfiducia individuali contro un singolo componente del governo presentate in parlamento nella storia repubblicana, e delle 39 che sono state effettivamente discusse dalle aule di Camera e Senato e su cui si è votato, una sola ha avuto esito positivo, comportando dunque le dimissioni del ministro oggetto della mozione. Era il 1995 e il ministro in questione era Filippo Mancuso, giurista siciliano. E questo dato è facile da spiegare: a presentare le mozioni di sfiducia contro i ministri sono sempre i partiti di opposizione, che però nelle aule parlamentari sono in minoranza, per cui è ovvio che non abbiano la forza e i numeri per farle approvare.
Il ministro della Giustizia Mancuso entrò in polemica con il “pool” di Mani Pulite, cioè il gruppo di magistrati milanesi che indagavano da anni sui casi di corruzione nella politica e nella grande imprenditoria italiana noti come Tangentopoli. Mancuso inviò gli ispettori alla procura di Milano, convinto che i magistrati del pool utilizzassero metodi poco in linea coi limiti del codice di procedura penale e della Costituzione per ottenere dagli indagati confessioni e ammissioni di colpa. Con le sue posizioni radicali e i suoi modi scenografici, Mancuso finì a litigare anche con il presidente della Repubblica dell’epoca, Oscar Luigi Scalfaro, mettendo in imbarazzo lo stesso presidente del Consiglio Dini. La mozione di sfiducia nei confronti di Mancuso fu presentata dai partiti di centrosinistra di maggioranza, e il governo fece ben poco per difenderlo. La mozione fu votata il 19 ottobre: fu approvata coi voti favorevoli di quasi tutti i senatori di maggioranza e di alcuni dell’opposizione, mentre la gran parte dei senatori contrari decise di non partecipare al voto. Mancuso si dimise, ma rinnovando le polemiche. Alla vigilia del voto aveva peraltro annunciato un ricorso alla Corte Costituzionale, per contestare la legittimità della procedura. Nel gennaio del 1996 la Corte Costituzionale dichiarò che la sfiducia ai suoi danni era valida e rispettava la legge e i regolamenti parlamentari.
La mozione contro Mancuso resta tuttora l’unica individuale approvata. Anche per questa evidenza statistica, nel corso degli anni i partiti hanno utilizzato con una certa parsimonia questo strumento, che solo apparentemente è efficace per mettere in difficoltà un ministro. Ad eccezione della XVII legislatura, tra il 2013 e il 2018, che coincise con l’esordio in parlamento del Movimento 5 Stelle. In questi 5 anni ci fu la più alta frequenza di mozioni di sfiducia presentate: 34 in tutto, di cui ben 30 proposte dal solo M5s. Il Movimento usava le mozioni di sfiducia in modo inedito, allo scopo di chiedere più volte, anche a distanza di mesi, le dimissioni di ministri non per le attività svolte durante il mandato, ma per vicende giudiziarie a loro carico ancora in fase del tutto preliminare, o persino per questioni legate ai loro famigliari.