Un colpo di scena nella narrazione del conflitto in Medio Oriente. Il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha chiesto alla camera preliminare del tribunale il mandato di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il suo ministro della Difesa Yoav Gallant e tre leader di Hamas: Yahya Sinwar, Mohammad Deif e Ismail Haniyeh con l’accusa di crimini di guerra.
Secondo Khan ci sarebbero ragionevoli motivi per credere che abbiano commesso dei crimini di guerra e contro l’umanità per le loro azioni in Israele e nella Striscia di Gaza, prima con l’attacco di Hamas del 7 ottobre e poi con la successiva invasione della Striscia da parte dell’esercito israeliano. Khan ha detto in un’intervista a CNN che le accuse contro Sinwar, Haniyeh e Deif includono «sterminio, omicidio, presa di ostaggi, stupro e violenza sessuale durante la detenzione» durante e dopo l’attacco compiuto da Hamas in Israele il 7 ottobre. Le accuse contro Netanyahu e Gallant includono «l’aver provocato lo sterminio, l’aver usato la fame come metodo di guerra, compreso il rifiuto delle forniture di aiuti umanitari e l’aver deliberatamente preso di mira i civili durante un conflitto».
Dopo la richiesta del procuratore generale, spetta a un collegio di giudici della Corte (definito “Pre-Trial Chamber” in inglese) decidere se accettare la richiesta di arresto con un’autorizzazione a procedere. Potrebbero volerci anche alcuni mesi: quando nel 2023 la Corte emise un mandato di arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin, la decisione richiese circa un mese, ma in altri casi il processo è stato molto più lungo. Finora, la “Pre-Trial Chamber” ha accettato tutte le richieste di arresto presentate dal procuratore generale.
Se la Corte accetterà la richiesta del procuratore ed emetterà il mandato di arresto, le conseguenze potrebbero essere notevoli, soprattutto per Netanyahu e Gallant. La Corte penale internazionale non ha una propria forza di polizia, e quindi fa affidamento sui singoli stati per arrestare le persone sottoposte a mandato di arresto. Israele non ha firmato lo Statuto di Roma, cioè il trattato che nel 1998 istituì la Corte penale internazionale, e quindi non ne riconosce la giurisdizione, e non arresterà i propri leader. Ma i paesi firmatari dello statuto sono 124, e ciascuno di questi avrebbe l’obbligo di arrestare una persona sottoposta a mandato di arresto se si trova sul proprio territorio, e di presentarla alla Corte.
Questo significa che, in caso di emissione del mandato di arresto, se il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu venisse in visita in Italia il governo sarebbe obbligato ad arrestarlo e a presentarlo all’Aia, la sede della Corte, dove sarebbe messo sotto processo. Nella realtà le cose stanno molto diversamente, perché la Corte non ha strumenti per costringere gli stati a obbedire ai suoi ordini, ed è successo molto di frequente che persone sottoposte a mandato di arresto abbiano potuto viaggiare tranquillamente in paesi amici, benché firmatari dello Statuto di Roma, perché i governi si erano impegnati a non rispettare il mandato.