Donald Trump ha parlato per la prima volta davanti ai giornalisti dopo la condanna per 34 capi di accusa nell’ambito del caso legato al pagamento della pornostar Stormy Daniels. In un discorso dai toni vittimisti, ricco di invettive contro Biden, l’ex presidente ha annunciato che farà ricorso contro il verdetto. «Faremo ricorso contro le condanne. Lotto per la Costituzione, è una cosa più grande di me. Quello che è successo a me non dovrà accadere ad altri presidenti».
Trump era accusato di aver falsificato documenti contabili della campagna elettorale del 2016 per nascondere l’esistenza di questi pagamenti, che sarebbero serviti per comprare il silenzio di Daniels su una relazione sessuale avvenuta dieci anni prima. La pena non è ancora stata decisa e sarà stabilita l’11 luglio dal giudice che ha seguito il processo, Juan Merchan. È la prima volta che un presidente o ex presidente degli Stati Uniti viene ritenuto colpevole in un processo penale, e proprio per questo sono molte le domande riguardo a cosa accadrà ora.
Nello stato di New York la pena prevista per il reato per cui è stato condannato Trump va dai 16 mesi ai 4 anni di carcere, ed è possibile che Trump debba effettivamente passare un periodo in prigione. Secondo molti esperti di diritto però è molto più probabile che il giudice propenderà per altri tipi di pena, come la libertà vigilata e gli arresti domiciliari, dato che Trump è un uomo di 77 anni finora incensurato.
Indipendentemente dal tipo di pena che gli verrà assegnata, Trump può comunque rimanere candidato alle elezioni presidenziali e anche diventare presidente. È già successo: nel 1920 un candidato del Partito Socialista, Eugene V. Debs, fece campagna elettorale e prese il 3% dei voti mentre stava scontando una condanna di dieci anni in prigione per aver esortato le persone a opporsi alla leva della Prima guerra mondiale. A livello federale non ci sono infatti limitazioni riguardo alla fedina penale del candidato, cosa che invece esiste per cariche statali o locali in alcuni stati. Esiste un emendamento alla Costituzione statunitense, il 14°, approvato dopo la Guerra civile, che impedisce a chiunque abbia partecipato a un’insurrezione dopo aver prestato giuramento sulla Costituzione di candidarsi a qualsiasi incarico pubblico, inclusa la presidenza. Alcune Corti Supreme statali, come quella del Colorado e del Maine, avevano stabilito che proprio sulla base di questo emendamento Trump non si potesse candidare, dato che è accusato, in un altro caso, di aver provocato l’insurrezione al Congresso del 6 gennaio 2021 con l’intenzione di sovvertire il risultato delle elezioni. A marzo la Corte Suprema degli Stati Uniti, a maggioranza conservatrice, aveva però annullato queste sentenze, stabilendo che Trump fosse candidabile.
Trump, dunque, resterebbe il candidato del Partito Repubblicano alle elezioni presidenziali di novembre 2024, dove con tutte le probabilità sarà l’avversario dell’attuale presidente in carica, Joe Biden. A seconda della decisione del giudice, Trump potrebbe dover essere costretto a fare comizi a distanza, da casa sua, o a essere autorizzato per spostarsi da uno stato all’altro per proseguire con la sua campagna elettorale. In questo caso dovrebbe essere sempre accompagnato da un poliziotto e dovrebbe concordare i suoi spostamenti con il tribunale competente.
Se come ha già annunciato decidesse di fare appello, la pena potrebbe essere anche momentaneamente sospesa: i suoi avvocati hanno 30 giorni per presentare la richiesta di appello e sei mesi per presentare l’appello completo. Nonostante la sospensione della pena non sia obbligatoria, il fatto che il crimine sia non violento rende l’ipotesi più probabile. Il processo di appello potrebbe durare anni e concludersi ben oltre le elezioni di novembre.