Doveva essere il perfetto “spot” per il governo Meloni a pochi giorni dal voto delle europee. Ma ora rischia di diventare un boomerang per la maggioranza. La premier Giorgia Meloni aveva annunciato l’arrivo di un piano per abbattere l’emergenza delle liste d’attesa che convince 3 milioni di italiani a non curarsi. Ma non ci sono coperture sufficienti. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha dato la disponibilità per appena 300 milioni di euro. Così in Consiglio dei ministri arriverà un decreto legge “leggero”che non ha sostanzialmente bisogno di risorse. Il resto si farà con i tempi lunghi di un disegno di legge che passerà per l’ordinario iter parlamentare.
Per il momento solo misure organizzative o simboliche, come le visite e gli esami al sabato e alla domenica nelle strutture pubbliche. L’ultima bozza prevede, all’articolo 10, che «per ridurre i tempi delle liste di attesa e di evitare le degenze prolungate dovute alla mancanza di disponibilità per gli esami diagnostici, le visite diagnostiche e specialistiche possono essere effettuate nei giorni di sabato e domenica. E la fascia oraria per l’erogazione di tali prestazioni può essere prolungata».
Ma anche la piattaforma di monitoraggio delle prestazioni che sarà in capo all’Agenas, per capire il peso di domanda e offerta di prestazione; l’interoperatività dei sistemi regionali e poi una struttura ispettiva creata ad hoc; l’implementazione dei Cup regionali con il privato accreditato e l’acquisto di pacchetti di prestazioni in intramoenia. All’interno del decreto dovrebbe essere garantito l’accesso alla telemedicina anche a medici di famiglia e pediatri. Nel disegno di legge, che avrà tempi più lunghi, perché sono necessarie molte risorse, dovrebbero confluire l’innalzamento del tetto di spesa per il privato e le risorse aggiuntive per il personale.
Non sarà il grande spot e nemmeno, ovviamente, la “mezza riforma sanitaria” che prometteva FdI. Infatti già protestano i medici: «Se il decreto sulle liste d’attesa diventerà un disegno di legge sarà uno schiaffo alla coerenza e a questo punto il vero premier è il ministro Giorgetti. Il messaggio che arriva è che non c’è urgenza nel risolvere i problemi della sanità pubblica», ha dichiarato Pierino Di Silverio, leader dell’Anaao Assomed che è il principale sindacato dei medici ospedalieri. «Se hai solo un tesoretto di 500 milioni di euro e lo destini al privato accreditato – dice Di Silverio – vuol dire che non si è capito molto dei problemi del Servizio sanitario nazionale. Le risorse in più devono andare al personale».
Un altro fronte si è aperto con le Regioni, tenute fuori dal confronto e convocate solo nelle ultime ore per un incontro tecnico con i responsabili della Salute. Tanto che alcune fra queste, comprese Lombardia e Veneto a guida centrodestra, hanno sollevato critiche e chiesto di sospendere il decreto. «Che sia un decreto legge o un disegno di legge, nulla è stato condiviso con le Regioni e questa è l’ennesima occasione perduta. Le Regioni hanno avuto solo notizie informali e a mezzo stampa», ha detto Raffaele Donini, assessore dell’Emilia-Romagna e coordinatore della Commissione Salute delle Regioni. «Noi non sappiamo ancora ad oggi quali siano i testi di un eventuale decreto e di un disegno di legge nè di eventuali coperture – continua Donini – Ci piacerebbe contribuire alla genesi della norme, non fare solo osservazioni quando approvate».