Questa volta non c’è stata una crescita dell’affluenza in Europa rispetto alle precedenti elezioni. Così sembra, quanto meno sulla base dei dati al momento disponibili. Ma tempo poche ore ancora e la questione sparisce dai radar. Fino alle elezioni successive, si intende, quando il ciclo ricomincia più o meno allo stesso modo. Perché l’aumento dell’astensionismo nel nostro Paese è ormai una tendenza di lungo corso. E dunque si ripresenta. E con essa le discussioni. Quando poi, come nel caso delle ultime Europee, passa dal 54,5% del 2019 al 48,31%, dunque sotto la soglia psicologica del 50%, la situazione diventa ancora più eclatante.
Nel Mezzogiorno si è votato di meno. Ma non c’è solo la geografia (e dunque la politica e l’economia ad essa collegate) che modellano la partecipazione al voto. O la mancata partecipazione. Ci sono anche altri fattori. Uno, per esempio, è il genere. In queste Europee 2024, infatti, l’astensione ha colpito più le donne (48,8% alle urne nelle circoscrizioni italiane) che gli uomini (50,5%). Per capirlo meglio basta scomporre i dati dell’affluenza. E scoprire che nella maggioranza dei comuni italiani la partecipazione è stata più bassa tra le femmine che tra i maschi.
Nel caso delle europee il fenomeno è più accentuato perché gli elettori considerano queste elezioni meno importanti delle politiche e delle amministrative, ma il fenomeno è lo stesso. Negli anni che vanno dalle prime elezioni europee nel 1979 a queste ultime la affluenza è scesa di 30 punti percentuali. Alle politiche, tra il 1979 e il 2022, è scesa di 26,7 punti, passando dal 90,6% al 63,9 per cento.
Non esiste una singola ragione che spiega questa tendenza. Il fenomeno è il risultato di un processo di lungo periodo in cui si intrecciano fattori demografici, istituzionali, culturali e strettamente politici. C’entra il ricambio generazionale, c’entra la fine delle ideologie, c’entra l’indebolimento dei partiti, la sensazione sempre più diffusa che le elezioni non servono a produrre quel cambiamento che gli elettori chiedono. Tanto meno quelle europee che si svolgono in un contesto in cui è difficile per gli elettori capire la posta in gioco. I partiti le trattano come elezioni nazionali, ma a differenza di queste non servono a cambiare gli equilibri a Roma, mentre degli equilibri a Bruxelles la gran parte degli elettori non sa nulla o quasi.