Per il presidente americano Donald Trump, il premier britannico è «l’uomo giusto per portare a casa la Brexit». Al G7 di Biarritz i due leader hanno comunicato la loro intenzione di siglare un grande accordo commerciale tra Usa e Regno Unito in risposta alle incertezze e le paure per l’imminente Brexit e in contrasto alla guerra commerciale tra Usa e Cina.
Johnson ha avvertito l’Ue che il no deal è inevitabile se Bruxelles non mette da parte il backstop. Condizione che ha trovato d’accordo anche il presidente americano Trump: «Johnson non ha bisogno di consigli». Una frase breve ma a effetto a cui è seguita la promessa, per quanto vaga, di «un grande accordo commerciale» tra i due paesi dopo la Brexit, «il più grande di sempre». Un accordo che raccoglierà i frutti delle analisi di un gruppo di lavoro economico creato ad hoc sulla “special relationship” (Special Relationship Economic Working Group) per «esplorare le opportunità di approfondire ulteriormente le relazioni economiche bilaterali» fra Londra e Washington.
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Questo dovrebbe servire a rassicurare chi teme le ricadute economiche di un’uscita senza accordo, più volte paventata da Johnson il quale ha detto di essere determinato a portare fuori il Regno Unito entro il 31 ottobre a ogni costo. Sta anche pensando di chiudere il Parlamento britannico per almeno cinque settimane alla scopo di evitare che decida una proroga della Brexit. Secondo quanto riportato da The Observer, il periodico del The Guardian, il premier britannico ha chiesto al ministro della Giustizia, Geoffrey Cox, una consulenza legale tramite una mail, per valutare se sia possibile chiudere Westminster fino al 31 ottobre per evitare ritardi alla Brexit ed una proroga dell’uscita dall’Ue.
L’intransigenza di Johnson di chiudere la partita Brexit entro il 31 ottobre è stata criticata proprio al G7 dal Presidente del Consiglio Ue uscente Donald Tusk, il quale lo ha avvertito che rischia di passare alla storia come «Mr. No Deal». Ma Johnson tira dritto per la sua strada: «Cerchiamo di essere chiari, penso che al momento ci sia una ragionevole possibilità che avremo un accordo, ma se usciremo senza un accordo, è certamente vero che i 39 miliardi di sterline non sono più, a rigor di termini, dovuti. Ci saranno somme molto consistenti disponibili per il nostro Paese da spendere per le nostre priorità. Non è una minaccia. È una semplice realtà di fatto».