Sante ed eroi. In questi primi mesi dell’anno si sono moltiplicati i fatti di cronaca che hanno avuto come protagonisti gli insegnanti sempre più spesso picchiati o contestati da genitori e alunni. L’ultimo caso si è verificato in una scuola media di Foggia: il vicepreside viene affrontato e aggredito dal genitore di un alunno che aveva rimproverato qualche giorno prima perché all’uscita di scuola spingeva le compagne, rischiando di farle cadere. Raggiunto da «numerosi e violenti colpi inferti alla testa e all’addome», il docente è stato soccorso dal 118 e ricoverato con un trauma cranico e addominale con prognosi di trenta giorni.
GLI ULTIMI FATTI DI CRONACA. Una brutta storia di violenza ai danni di un insegnante simile nella dinamica con quanto successo, poco più di un mese fa, in un istituto di Avola, in provincia di Siracusa. I genitori hanno atteso l’insegnante del proprio figlio e lo hanno pestato, con calci e pugni, procurandogli anche la rottura di una costola. La “colpa” del docente? Aver ripreso il figlio di 12 anni perché si era rifiutato di chiudere la finestra. Insegnanti sempre più spesso vittime di aggressioni fisiche da parte dei parenti, o addirittura dei propri studenti, scontenti per qualche loro atteggiamento o decisione di tipo didattico: un voto, una nota, una parola. Ma sempre durante lo svolgimento del proprio lavoro, che troppo spesso si trasforma da compito pedagogico a missione in trincea. Come nel caso della professoressa di Caserta sfregiata da un suo alunno solo perché voleva interrogarlo. «Santa» la definisce Massimo Gramellini nella sua rubrica quotidiana ‘Il Caffè’ sul Corriere della Sera perché è riuscita a perdonare il ragazzo interrogandosi con toni autocritici «forse con lui abbiamo fallito?». In tutti questi casi, ai quali va aggiunto il ricorso al Tar di quei genitori che pretendevano che gli insegnanti assegnassero al loro figlio la valutazione di ‘eccellente’ al posto di quella di ‘ottimo’, si evidenziano aspetti diversi di un unico fenomeno, che è la profonda decadenza della figura dell’insegnante dal punto di vista sociale e professionale.
DOVE HA FALLITO LA SCUOLA? Ripartiamo dalle parole dell’insegnate di Caserta per porre qualche interrogativo: dove ha fallito la scuola? Perché la scuola è diventata così? Forse questi avvenimenti sono il risultato di una scuola che ha dimenticato, fin dalla primaria, di insegnare dei valori. Troppo preoccupati a fare verifiche, test invalsi, a valutare le performance, a selezionare i migliori e a etichettare i peggiori, gli insegnanti hanno dimenticato di trascorrere del tempo a parlare con i ragazzi, di “perdere” tempo ad ascoltarli, di sottrarre del tempo all’attività didattica. O forse la responsabilità è di una classe genitoriale troppo accondiscendente e pronta a tutto per “difendere” e “vendicare” i propri pargoli dai rimproveri di un insegnante. Ma la questione appare più complicata e intreccia ragioni diverse quali la crisi del principio di autorità degli insegnanti, la perdita di fiducia nella scuola come ascensore sociale, e infine la miopia di una classe dirigente rivelatasi incapace di ridefinire e rilanciare il ruolo della scuola per stare al passo con la società che cambia. Così è venuta a mancare quell’alleanza scuola-famiglia su cui si fondava la formazione non solo scolastica delle passate generazioni.