Il dossier pensioni torna al centro dell’agenda di governo dopo che a più riprese è stato chiarito che quota 100 non verrà prorogata al termine della sperimentazione triennale. Addio quindi alla possibilità, voluta dalla Lega, di lasciare il proprio posto di lavoro qualora età e anni di contribuzione arrivino a 100. Allo stesso tempo però il governo studia una nuova finestra di uscita, una sorta di quota 102, con 64 anni di età anagrafica e 38 di contributi, a fronte comunque di una riduzione minima dell’importo in virtù dei minori anni di contribuzione rispetto all’uscita tradizionale. Ma solo a partire dal 2022, quando cioè quota 100 non sarà più attivabile.
Altra ipotesi allo studio, caldeggiata soprattutto dai sindacati, è quota 41. In questo caso l’accesso al pensionamento scatterebbe indipendentemente dall’età anagrafica, ma con almeno 41 anni di contribuzione alle spalle, ipotesi che oggi è prevista per una ristretta categoria di lavoratori. Questa soluzione permetterebbe di superare la sperimentazione di Quota 100 e anticipare l’età della pensione al di sotto dei 67 anni previsti dalla legge Fornero.
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Indipendentemente dalle nuove ipotesi sul tavolo del governo, dal 1° gennaio 2021 gli assegni previdenziali subiranno una lieve revisione al ribasso. Non si tratterà di una stangata, ma dal prossimo anno chi andrà in pensione vedrà comunque ridotto il proprio assegno. Questo perché sono stati modificati i coefficienti di trasformazione del montante contributivo per il biennio 2021/2022.
La piattaforma dei sindacati chiede la proroga dell’Ape sociale 2021, estendendone la platea alle attività cosiddette gravose o usuranti e a quei lavori che per loro natura sono maggiormente esposti al rischio del contagio da Covid. Tra le altre richieste, l’estensione della possibilità di accesso alla pensione precoci per tutti i lavoratori per i quali si ipotizza l’estensione dell’Ape Sociale.
Chiesta anche la proroga di Opzione donna, introdotta per la prima volta dalla Legge Maroni del 2004 e prorogata dalla Legge di Bilancio 2020. La formula permette alle lavoratrici dei settori sia pubblico che privato di richiedere la pensione anticipata, attraverso un assegno calcolato esclusivamente sulla base dell’età contributiva. Con questo meccanismo, le lavoratrici possono andare in pensione anticipatamente se nel 2020, a 58 anni o nel caso delle lavoratrici autonome a 59 anni, hanno raggiunto 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2019. Nel caso ci sia la proroga, le lavoratrici nate entro il 31 dicembre 1962 e le lavoratrici autonome nate entro il 31 dicembre 1961, con almeno 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2020, potranno accedere alla pensione anticipata. La trattativa potrebbe essere anche l’occasione di risolvere la questione previdenziale dei contratti di part time verticali: questo tipo di lavoro svolto soprattutto da donne prevede per raggiungere la pensione che si lavori inevitabilmente molti più anni.