Che il romanzo “giallo” rientrasse nella letteratura popolare fu il marxista Antonio Gramsci tra i primi ad affermarlo. Così non sorprende che cinema e televisione abbiano saccheggiato il genere letterario, nutrendosi dei suoi protagonisti, cominciando proprio dai due grandi detective Sherlock Holmes e Padre Brown ammirati dall’autore di “Lettere dal carcere”.
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La storia della letteratura è affollata di detective, poliziotti, commissari che sono entrati a far parte dell’immaginario collettivo. L’investigatore Hercule Poirot ideato dalla scrittrice Agatha Christie, il commissario Maigret creato da Georges Simenon in Francia, l’investigatore Nero Wolfe nato dalla penna dello scrittore statunitense Rex Stout, il detective Philip Marlowe con cui l’americano Raymond Chandler aprì il filone “noir”, fino al detective privato Pepe Carvalho inventato dallo spagnolo Manuel Vázquez Montalbán ed al quale è debitore il commissario Salvo Montalbano di Andrea Camilleri. Questi i più famosi, resi immortali dalla televisione o dal cinema. Sono i capostipiti di un genere, di un filone, hanno generato tanti imitatori e surrogati. Succede in tutti i campi. In tanti cercano di sfruttare la scia di successo di un libro, di un film, di un disco. E quando questa scia s’interrompe per la scomparsa dell’autore, e di conseguenza del personaggio, si cerca di mantenerla in vita artificialmente.
Dalla morte di Ian Fleming, la Glidrose, casa di produzione da lui fondata, per evitare di seppellire con l’autore anche il personaggio da lui creato, ovvero James Bond, cominciò ad affidare la stesura dei nuovi romanzi ad amici, cultori o discepoli del creatore di 007, cambiandoli spesso. Andrea Camilleri non ha avuto lo stesso spirito imprenditoriale del collega, né in Italia esiste questa mentalità. Anche perché non sempre l’operazione ha una buona riuscita. In Spagna, ad esempio, è stato un flop miserevole il tentativo di resuscitare e aggiornare Pepe Carvalho affidandolo alla penna di Carlos Zanón. Si spera, allora, di ritrovare in qualche cassetto un abbozzo, uno scritto incompiuto. Anche in questo caso gli esiti sono incerti. Lo stesso Riccardino, l’ultimo romanzo di Camilleri con Montalbano, che potremmo definire postumo, non è certamente il migliore della serie.
Si corre ai ripari con nuove edizioni, repliche, in attesa di trovare un erede. Missione ardita, se non impossibile. Nessuno dei miti della letteratura gialla ha avuto un erede degno della sua fama. Soltanto imitatori. Come le tante copie sbiadite di Montalbano che ingombrano gli scaffali delle librerie e che stanno inflazionando la fiction televisiva. Gli ultimi due tentativi portano i nomi di Lolita Lobosco, il vicequestore pugliese protagonista dell’omonima serie di romanzi di Gabriella Genisi, e il giornalista ficcanaso Saverio Lamanna di Gaetano Savatteri.
Entrambi non fanno altro che seguire il canovaccio del più popolare commissario di Camilleri: l’uso del dialetto, la promozione turistica con il soffermarsi sugli scorci panoramici dei luoghi in cui sono girate le serie o sui costumi gastronomici (d’altronde godono dei fondi di Regioni e Comuni ospitanti), il contrasto tra personaggi da commedia dell’arte, il bravo e il furbo, la bella e la bestia. Le similitudini si fermano lì. Storie, personaggi, sceneggiature e dialoghi sono poco credibili, improbabili, pasticciati. Piuttosto che un nuovo Montalbano, si dovrebbe cercare un altro Camilleri. Come già accaduto per il sostituto procuratore lucano Imma Tataranni, eroina dei romanzi di Mariolina Venezia ben presto sparita dai palinsesti tv, anche Lobosco e Lamanna non resteranno a lungo nella memoria.
Chi, invece, cerca di diversificarsi non ottiene la stessa fiducia. È il caso del vicequestore Rocco Schiavone. Il protagonista dei romanzi di Antonio Manzini è un poliziotto politicamente scorretto: dice parolacce, fuma spinelli, ascolta musica rock. E la serie tv, ambientata tra Aosta e Roma, è più complessa: contiene storie parallele, non si lascia distrarre da paesaggi o da costolette alla valdostana, è spinosa e buia. E così è stata confinata su Rai2.
Anche se escono fuori dal filone, nell’overdose di gialli televisivi non possiamo non citare la serie ambientata negli anni del Fascismo con il languido commissario Ricciardi, basata sui romanzi di Maurizio De Giovanni, papà anche di Mina Settembre, assistente sociale con licenza di indagare, e dei Bastardi di Pizzofalcone, commissariato di polizia napoletano. E ancora il nebbioso noir a ritmo di blues in salsa veneta tratto dalla saga dell’Alligatore di Massimo Carlotto dove è l’ex cantante Marco Buratti a improvvisarsi investigatore privato.
In questo scenario, non si storca il caso se anche la vita di Leonardo da Vinci si trasforma in un mistery.