Che gli Europei di calcio avrebbero avuto un effetto importante sull’andamento della pandemia poteva essere ragionevolmente ipotizzato. Ma a tre settimane dall’11 luglio, data della finale tra Inghilterra e Italia, sono i numeri a descrivere le conseguenze dei raduni e dei festeggiamenti in onore della Nazionale di calcio.
Nell’ultimo monitoraggio dell’Iss si legge che «da fine giugno si è osservato un aumento dell’incidenza settimanale sia per i maschi che per le femmine nelle quattro fasce di età considerate: 0-9, 10-19, 20-29, 30-39», e come « sempre a partire da fine giugno, l’incidenza nei maschi di età compresa fra i 10 e i 39 anni, risulta essere sempre maggiore rispetto a quella osservata nelle femmine». «Verosimilmente – riporta il monitoraggio – tale andamento può essere dovuto a cambiamenti comportamentali transitori (es. feste e assembramenti per gli Europei di calcio EURO 2020)».
I festeggiamenti per le ripetute vittorie degli Azzurri, i raduni in piazza con migliaia di persone, gli abbracci e le urla per i goal visti sui maxi schermi, sono secondo l’Iss una delle cause dell’incremento della curva. Un effetto differente da quello che si ebbe lo scorso 2 maggio in occasione dei festeggiamenti dei tifosi interisti: lo scudetto fu celebrato con più di 30mila persone riunite in piazza Duomo, la maggior parte senza mascherina e distanziamento sociale. In quel caso la curva di nuovi contagi registrata dopo due settimane non ebbe grossi sbalzi. Ma stavolta sembra diverso.
La variante Delta ha reso più potente la capacità del virus di trasmettersi. «La variante Delta ha contribuito all’aumento dei contagi, essendo ormai diffusa in Italia oltre la percentuale del 90% – spiega l’Iss – ma cambiamenti comportamentali transitori (es. feste e assembramenti) possono aver avuto un ruolo nell’aumento dei casi».
Contestualmente si abbassa l’età media dei soggetti che contraggono l’infezione (26 anni), anche grazie all’ampia copertura vaccinale nelle fasce di età superiori. Nelle ultime due settimane il 30,2% dei casi totali ha un’età inferiore a 19 anni, il 60,8% tra 20 e 59 anni e solo il 9,1% ha un’età superiore ai 60 anni. L’Iss stima un forte effetto di riduzione del rischio di infezione nelle persone completamente vaccinate rispetto ai non vaccinati: 88% per la diagnosi, 95% per l’ospedalizzazione, 97% per i ricoveri in terapia intensiva e 96% per i decessi. «Una più elevata copertura vaccinale e il completamento dei cicli di vaccinazione — conclude l’Iss — rappresentano gli strumenti principali per prevenire ulteriori recrudescenze di episodi di aumentata circolazione del virus sostenute da varianti emergenti con maggiore trasmissibilità». Oggi in Italia circa il 60% della popolazione dai 12 anni in su ha completato il ciclo vaccinale.