La professoressa Laura Rossi era a un corso di aggiornamento sulla didattica delle competenze. Era ritornata al lavoro dopo un breve periodo di vacanze forzate in Sicilia e si era subito immersa nel trantran quotidiano. Dopo l’estate di Caronte, che aveva sconvolto la sua vita e in cui aveva scoperto che il marito era un fedifrago, ascoltava una signora magrolina e con i capelli ossigenati, che poteva avere più o meno la sua età, che era venuta da Trento nella sua scuola a fare una lezione sulla comprensione dei testi e sugli elementi di processo.
Con l’inizio dell’inverno aveva preso freddo e si era ammalata subito. La settimana prima era stata d’urgenza dall’otorino, una signorina minuta della Misericordia con delle fantastiche calze all’ultima moda, che le aveva diagnosticato un raffreddore all’orecchio destro e le aveva dato una cura da cavallo a base di cortisone. Però non era guarita del tutto: aveva un ronzio alle orecchie e la testa pesante. Ciò le rendeva ancora più odiosa la voce della donnina che parlava di sistema opaco, di conflittualità, di Ocse, di sovrastruttura e che tirava dalla borsa griglie di valutazione, schemi di processo per compiti di italiano e tanto altro.
– Vado a casa. Non mi sento bene.
– Ti invidio. Vorrei poter andare via anch’io. Almeno tu hai la scusa della malattia – le rispose una collega.
Laura quel giorno era poco empatica e non era disposta a capire gli altri. Però non rispose a muso duro alla collega e sgattaiolò fuori dall’aula magna.
Quella mattina in sala professori c’era una strana agitazione. Pensò che la causa fosse il corso di aggiornamento del giorno prima. Ma non era così. Si trattava di altro. Le colleghe erano tutte raccolte intorno alla Funzione strumentale per i bisogni educativi, che ostentava un visone nuovo. Si avvicinò per sentire meglio. La Fantini, appena la vide, si girò di scatto verso di lei e con un tono apocalittico le profetizzò delle sventure, che dovevano caderle come una tegola sul capo.
– Vedrai che accadrà qualcosa…
– Che deve accadere?
– Rodolfo ieri era assente. Vedrai…
– Rodolfo?
– Sì, il BES di 2C. È un tuo studente, vero?
– Sì, è un mio studente.
– Tu non lo sai?
– Cosa dovrei sapere?
La professoressa Rossi aveva ben altro a cui pensare. Quello sfaccendato del marito non le pagava il mantenimento e da mesi le sfuggiva dalle grinfie.
– Tu eri assente al PDP.
– Ho avuto un po’ di problemi familiari.
– Sì, lo so. Ti ho accennato qualcosa per posta elettronica.
– Sono di vecchia scuola, con queste diavolerie moderne non me la cavo tanto bene. Puoi farmi un sunto a voce?
– Riguarda la nostra 2 C. Si tratta di quell’alunno affetto da fobia scolare.
– Sì, l’ho capito.
– Per lui abbiamo fatto un PDP. È un BES. Quella collega è pazza. Ieri il ragazzo non c’era.
-Sarà stato malato. Anch’io ho una tosse da…
– No, è tutta colpa di quella…
– Di chi parli?
– Ci sono insegnanti che non dovrebbero più insegnare. Per anni danno sempre gli stessi voti agli studenti. Una di queste è stata anche professoressa di mio figlio. Volevo denunciarla.
– Ah, sì!
– L’altro giorno è tornata da Lourdes e ha programmato il compito di inglese.
– Ah, sì! Davvero!
– Cose dell’altro mondo!
– Vero, cose dell’altro mondo.
– Rodolfo è andato sottopressione. Gli sta ritornando la fobia scolare.
– Ieri mi sembrava così allegro.
– Sì, ma lui non lo dà a vedere.
– Bah! Vado in classe. È suonata.
La professoressa Rossi si precipitò su per le scale fino alla 2C, che la faceva dannare perché non voleva studiare. In primavera ci sarebbero stati i quiz Invalsi, ed era indietro con il programma. Stava ripetendo la morfologia, e le venivano gli attacchi di ansia, perché temeva per la fine dell’anno di non riuscire a trattare la sintassi del periodo. In classe Rodolfo era seduto al solito posto e scherzava con la compagna di banco. Quella mattina inforcava un paio d’occhiali rosso fuoco.
… Continua… Vi aspettiamo alla prossima puntata!