La campagna elettorale per le politiche di primavera è già cominciata da alcuni giorni ed i candidati in pectore dei vari schieramenti non si sono fatti pregare per iniziare a darsele di santa ragione. Uno dei temi caldissimi che ha infiammato la dialettica politica degli ultimi giorni ha riguardato il confezionamento di notizie false riguardanti l’avversario finalizzate a condizionare l’opinione pubblica, in particolare tramite i canali web ed i social network. La prima stoccata l’ha assestata Renzi definendo i 5 stelle come i principi delle fake news. La replica penta-stellata non si è fatta attendere con Di Maio che ha voluto sottolineare come i 5 stelle siano spesso vittime di fake news e come sarebbe opportuno, in particolare dopo le cronache siciliane che riferiscono di un voto parzialmente inquinato da atti di becera compravendita elettorale, l’intervento dell’OSCE per monitorare le prossime elezioni politiche.
COS’È IL FACT-CHECKING. Nell’era della digitalizzazione delle comunicazioni e della comunicazione di massa 2.0, politici e personaggi pubblici lanciano sui nuovi canali di diffusione numeri, statistiche, affermazioni tra le più arroganti e strampalate. Molte di queste si rivelano poi, nella migliore delle ipotesi, imprecise, se non inventate di sana pianta. Tuttavia, una volta scoperto l’inganno risulta già troppo tardi arrestare la sua diffusione virale, a macchia d’olio. Oggi una notizia può raggiungere milioni di persone nel giro di pochi minuti, ecco perché è importante controllare la qualità della notizia e fornire al pubblico i filtri giusti per evitare di essere condizionato da informazioni non veritiere o strumentalmente false. Un’attività di monitoraggio ad hoc, per la verità, esiste già dagli inizi del secolo scorso e viene svolta da aziende, think thank e gruppi informali specializzati, è il cosiddetto “fact-checking”. Il fine di questa attività è certamente quella di fornire al pubblico gli elementi necessari a costruire un dibattito politico o culturale informato e consapevole. Gli strumenti che questa attività utilizza fin dal 1923 sono rappresentati dall’accesso a banche dati, dalla consultazione di studi accademici e dal coinvolgimento di esperti del settore interessato. Bisogna aspettare il 2008, tuttavia, per vedere il fact-checking balzare agli onori della cronaca. Quell’anno, infatti, il progetto “Politifact” ottenne addirittura un premio Pulitzer negli USA.
LE BUFALE UTILIZZATE COME ARMI POLITICHE. L’importanza della verifica delle informazioni si capisce dagli ingenti danni che una notizia falsa rimbalzata su più canali web potrebbe provocare a singole persone o, come nel caso della sfera pubblica, a formazioni politiche. Creare false convinzioni nelle coscienze degli elettori potrebbe arrivare a spostare centinaia di migliaia di voti, ecco perché quello delle fake news è subito diventato un tema caldissimo. A questo proposito, bisogna anche analizzare bene chi verifica la veridicità delle informazioni. Il fact-checking funziona, infatti, soltanto se chi lo pratica può vantare una indipendenza vera dal potere politico o dai grandi potentati economici privati. Molti operatori di fact-checking provano infatti a finanziarsi con la pubblicità, con le donazioni degli utenti e, ovviamente, facendo pagare i risultati del proprio lavoro. Il fact-checking, inoltre, potrebbe dare un contributo importante alla qualità del dibattito pubblico. Se politici e personaggi pubblici, infatti, sapessero che le proprie dichiarazioni sarebbero sottoposte, in maniera sistematica, ad un controllo a posteriori col rischio di smentita a mezzo stampa, probabilmente ci penserebbero due volte a fare a gara a chi la spara più grossa. Questo strumento di monitoraggio non è del tutto sconosciuto in Italia. Nel 2012, ad esempio, un gruppo formato da Dino Pesole, giornalista del “Sole 24 ore”, Massimo Leoni, della redazione di “Sky Tg24” e Simonetta Pattuglia, docente di marketing e comunicazione all’Università di Roma “Tor Vergata”, realizzarono l’esperimento del primo fact-checking televisivo (quasi) in tempo reale in occasione del confronto avvenuto tra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi durante le primarie del PD.