Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è nuovamente indagato per sequestro di persona dalla procura di Siracusa per la vicenda della nave Sea Watch. «Sono stato iscritto a giudizio per un altro reato, un altro sequestro di persona che avrei commesso dal 24 al 30 gennaio 2019 a Siracusa», ha annunciato lo stesso Salvini da Monza, durante una conferenza stampa in prefettura. Nell’inchiesta per sequestro di persona aperta dalla Procura di Catania sui presunti ritardi nello sbarco della Sea Watch nel capoluogo etneo oltre al ministro dell’Interno sono indagati anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il vicepremier Luigi Di Maio e il ministro Danilo Toninelli. Per tutti, si apprende dall’Ansa, il procuratore Carmelo Zuccaro ha presentato richiesta di archiviazione al Tribunale dei ministri di Catania, che dovrà decidere sulla loro posizione entro i prossimi 90 giorni.
L’emergenza che si sta verificando in Libia per gli alleati di di governo impone una risposta «strutturata» e la politica dei porti chiusi non basta più; è inadeguata. La doppia presa di posizione, prima del vicepremier Luigi Di Maio e poco dopo dalla ministra Elisabetta Trenta, che bolla come inadeguata ad affrontare il futuro la politica portata avanti da Matteo Salvini e finora sostenuta dal governo, scatena la reazione del ministro dell’Interno: «Sono nuovamente indagato ma finché faccio il ministro dell’Interno, i colleghi ministri possono dire quello che vogliono, anzi approfitto per rispondere a qualche ministro: per me i porti restano e resteranno chiusi». Ai cronisti che gli chiedevano se le ultime polemiche possano portare a una crisi di governo, Salvini ha risposto: «Non lo so, io non cambio idea».
La controreplica grillina è affidata a quelle che l’Ansa chiama fonti M5s, secondo cui «è curiosa la posizione del ministro dell’Interno. Quando teme di essere processato dice che le cose si fanno insieme, quando invece è in campagna elettorale dice che decide da solo sui porti». Si tratta, insomma, dell’ennesimo screzio all’interno dell’esecutivo, sulla cui tenuta il premier Conte ha tenuto a rassicurare tutti, nonostante le ultime polemiche: «È indiscutibile», ha detto il presidente del Consiglio da Campobasso, dove è giunto per il contratto di sviluppo del Molise. Nel frattempo, però, continuano le tensioni, anche se Di Maio, in una nota, ha assicurato di non essere interessato alle «polemiche che fanno male al Paese. Il mio unico scopo è proteggere l’Italia, le sue aziende e prevenire un’altra emergenza migratoria».
Tutto parte dalle parole rilasciate da Di Maio al Corriere della Sera: «Chiudere un porto è una misura occasionale – ha spiegato il capo politico M5s – quindi di fronte a un intensificarsi della crisi non basterebbe. Sarebbe utile se il premier Conte e i ministri competenti convincessero Orbán e i suoi alleati in Europa ad accettare le quote di migranti che arrivano in Italia». A questo si aggiunge il pensiero della ministra Trenta: «Come pensiamo di poter gestire questo futuro con la chiusura dei porti? È impossibile, bisogna lavorare su una soluzione alternativa. In caso di guerra i richiedenti asilo diventeranno rifugiati e andranno accolti».
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«Rispetto il lavoro del collega Di Maio che si occupa di lavoro, ma sui temi di controllo dei confini e di criminalità organizzata sono io a decidere», ha commentato Salvini. «Se il ministro Di Maio e Trenta la pensano in modo diverso lo dicano in Consiglio dei ministri e faremo una franca discussione – ha proseguito – I porti con me rimangono indisponibili chiusi e sigillati ai trafficanti di esseri umani». E ancora: «Il ministro Di Maio si occupa di lavoro e di sviluppo economico e non mi permetto di dargli lezioni su come risolvere le centinaia di crisi aziendali che sono ferme sul suo tavolo, ma chiedo altrettanto rispetto, di ordine pubblico, sicurezza e difesa dei confini me ne occupo io, penso di averlo fatto bene in questi dieci mesi, se qualcuno dei miei colleghi non è d’accordo lo dica, con la differenza che io ci metto la faccia e rischio personalmente».