«Ho dato le dimissioni e come atto politico ho chiesto quelle del Consiglio Federale, ma nessuno le ha rassegnate. Sono rimaste le mie». Carlo Tavecchio, classe 1943, ex esponente della Dc, ex dirigente bancario, ex sindaco di Ponte Lambro ed ex numero uno della Lega Nazionale Dilettanti è da poche ore anche ex presidente della Federazione Italiana Giuco Calcio. «Ambizioni e sciacallaggi politici hanno impedito di confrontarci sulle vere ragioni dell’eliminazione dell’Italia dal mondiale». In una animata conferenza stampa, dopo la firma delle dimissioni da presidente della Figc, Tavecchio si lancia in una serie di accuse contro tutti a cominciare dalla Lega Nazionale Dilettanti nella quale ha militato per diciotto anni. «Chapeau al mondo dilettantistico per cosa?» dice e poi inizia il suo infervorato monologo in francese che, inevitabilmente, finisce sui social.
TRA GAFFE E RIFORME. Ma Tavecchio non è nuovo alle polemiche. Da quando l’11 agosto del 2014 è diventato presidente della Figc ha dovuto affrontare una dura partita tra situazioni ereditate e problemi insoluti come il fallimento del Parma, le riforme dei campionati, la bufera calcioscommesse. In tre anni da numero uno del calcio italiano non ha fatto mancare occasioni per parlare di sé. Più per le gaffe che per la sua politica di rilancio di un calcio italiano sprofondato in fondo alle classifiche. In principio fu lo scivolone su ‘Optì Poba’, poi quello sulle donne, gli ebrei e gli omosessuali. Forse sarebbero bastati questi episodi per cacciarlo via, invece ci sono voluti gli svedesi. Chissà cosa pensa di questo popolo? Ma scivoloni a parte è riuscito anche a rimettere insieme i cocci di una federazione azzerata dopo il flop ai mondiali brasiliani del 2014. Convince Antonio Conte a diventare il ct della nazionale e tra controversie e vittorie in campo l’Italia riparte qualificandosi in anticipo agli Europei. La leadership di Tavecchio esce rafforzata dal campionato europeo così può concentrarsi sui cambiamenti normativi: vara il tetto alle rose con indicazioni precise sul numero di italiani e provenienti dal vivaio. Questo rappresenta solo il primo passo delle riforme, che prosegue con il via libera al Var e le norme sul fair play finanziario, fino alla riduzione della serie A a diciotto squadre.
L’APOCALISSE. Ma il peggio doveva ancora venire per il presidente della Figc. Si è avverato quello che lui stesso aveva definito “apocalisse”. «L’ipotesi di una mancata qualificazione ai Mondiali del 2018 – aveva detto qualche mese fa al termine di un Consiglio federale – sarebbe una apocalisse». L’incubo è diventato realtà. Tavecchio, provato dalle due gare contro la Svezia, da otto giorni di assedio, tradito dagli amici e scaricato dalla politica alla fine si è arreso. Un epilogo prevedibile e annunciato eppure del tutto improvviso. Era fermo nelle sue intenzioni di resistere, rilanciando magari con un nuovo piano di riforme, fino a quando ha appreso che anche la Lega Dilettanti gli aveva voltato le spalle. Ha gettato la spugna e lo ha fatto a suo modo. In una escalation di espressioni dialettali ed invettive in francese si è tolto qualche sassolino dalla scarpa contro i responsabili dello “sciacallaggio politico” di cui si sente vittima. Da oggi comincia una nuova era per il calcio italiano dopo la mancata qualificazione ad un mondiale che nessuno ci ridarà indietro.