La partita a scacchi tra Nello Musumeci e i suoi alleati è ufficialmente iniziata. Quelli che lo conoscono hanno profetizzato già in campagna elettorale che il nuovo governatore, una volta in carica, non avrebbe fatto sconto ai suoi compagni di viaggio e tantomeno si sarebbe fatto imbrigliare in nome e per conto di logiche altrui. Il “fascista gentile”, come lo hanno definito, il primo segnale lo ha dato estromettendo dalle nomine in Giunta la Lega di Salvini. Adesso si va verso la seconda mossa, quella che potrebbe già imprimere un primo scossone immediato alla legislatura, in un verso o nell’altro. La presidenza dell’Assemblea regionale è una poltrona che Gianfranco Miccichè sente già “tatuata” sulla sua pelle, ma la strada verso l’elezione passa dai numeri e con quelli c’è poco da scherzare perché lo scenario attuale non sorride al commissario di Forza Italia. Lo slittamento della prima seduta dell’Ars dall’11 al 15 dicembre è un primo segnale che la questione è aperta a qualsiasi esito. «È eletto, a primo scrutinio – si legge nel regolamento – chi raggiunge la maggioranza dei due terzi dei componenti dell’Assemblea. Qualora nessun deputato ottenga tale maggioranza, si procede ad una seconda votazione nella quale è sufficiente, per l’elezione, la metà più uno dei voti dei componenti dell’Assemblea». Miccichè avrebbe bisogno di 47 voti ma ad oggi ne ha 36 al massimo e “franchi tiratori” esclusi. Chi ha fatto il pienone nelle nomine in Giunta regionale sono i Popolari e autonomisti che hanno portato a casa un assessore in più rispetto a quelli previsti: ben tre (Lagalla, Cordaro e Ippolito) e che adesso punterebbero pure alla prima carica di Sala d’Ercole.
LE PAURE DI MICCICHÈ. Trame di palazzo da togliere il sonno Gianfranco Micciché, che sin dalla prima ora della campagna elettorale punta alla presidenza, la vuole, anzi la pretende. La votazione segreta è il fattore x con il quale il fiduciario siciliano di Berlusconi dovrà fare i conti. In un contesto politico di una maggioranza che non gradisce gli appetiti famelici di Forza Italia e con i malumori post-nomine che potrebbero non essere soltanto quelli della Lega, a quel punto tutto è possibile e nulla è scontato. Determinante potrebbe essere il Partito Democratico, che a quanto pare vuole la vicepresidenza dell’Ars per Giuseppe Lupo e proprio ad un accordo con il Pd punterebbe Forza Italia, per blindare la presidenza di Miccichè in cambio del via libera a Lupo come suo vice.
LO SGAMBETTO DI MUSUMECI. Al secondo scrutinio basterebbero poi 36 voti per la “fumata bianca”. Ma attenzione alle riflessioni e le strategie non troppo tacite di Musumeci, che non sembra gradire particolarmente la prospettiva di “inciuci” trasversali simili a quelli delle passate legislature e non disdegnerebbe l’ipotesi di uno sgambetto politico allo stesso Miccichè. Andare incontro ad un quinquennio con Miccichè e Forza Italia ai posti di comando dell’Assemblea Regionale è una storia, metterli subito all’angolo sarebbe invece tutta un’altra musica. E allora voci di palazzo raccontano che Musumeci (con la sponda dei Popolari?) starebbe pensando ad un’alternativa per la presidenza, nella direzione di una presidenza più malleabile. O forse potrebbe, alla fine, emergere un’ulteriore trama: “spaventare” Miccichè negli accordi per la presidenza e tenerlo sulla corda, per poi dargli il via libera solo in extremis. Il verdetto è rimandato ma le grandi manovre sono già scattate.