La storia delle prossime elezioni nazionali in Italia sembra già scritta, la trama appare sempre più quella di un film dove, tra voci di palazzo, spoiler e ragionamenti ineludibili, sai già il finale prima ancora che la pellicola esca nelle sale cinematografiche. Per capire quello che sta già accadendo basta guardare, d’altronde, la Germania che cerca di uscire dalle secche di una temuta ingovernabilità e dal conseguente vuoto di potere che incombe, affidandosi seppur a malincuore ad una riedizione delle grandi coalizioni, quelle larghe intese tra Popolari e Social Democratici che hanno garantito dal 2005 ai tedeschi stabilità politica e benessere economico. Quella di un’alleanza tra Centrosinistra e Centrodestra è una prospettiva a dir poco realistica anche per il futuro della politica italiana e anche perché alternative diverse non se ne vedono all’orizzonte.
L’ALLEANZA EUROPEISTA. C’è chi pensa che le larghe intese, lungi dall’essere il male minore, siano la soluzione preferibile perché sia il Pd che Forza Italia non possono permettersi il lusso di scendere a compromessi con partiti non europeisti come il Movimento Cinque Stelle e come la Lega in un momento in cui l’Europa (cosi dicono) ha ripreso a crescere e potrebbe trainare anche la ripresa italiana. C’è chi, invece, è convinto che la larghe intese in Italia siano purtroppo cosa praticamente fatta dal punto di vista politico e antropologico e che la prossima stagione sarà quella del patto tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, le due facce della stessa medaglia che hanno tante, troppe, affinità per non sancire il “matrimonio” dopo il voto. Lo ha capito la Sinistra di D’Alema e Bersani che ha scelto di andare incontro ad una sicura sconfitta elettorale ma vuole scaricarne le responsabilità interamente su Matteo Renzi e si è affidato a Piero Grasso per giocare una partita che avrà l’unico obiettivo di togliere voti al Pd e provare a far evaporare la leadership di Renzi. E allora Silvio Berlusconi che da sempre vede come “fumo negli occhi” la sinistra, stavolta si concentrerà sulla battaglia contro Grillo in una campagna elettorale per la quale ha già scelto di puntare sulle parole “pauperismo” e “giustizialismo” da affibbiare al M5s come un simil marchio delle precedenti tornate di voto in cui il nemico erano i comunisti. La battaglia contro la sinistra la combatterà direttamente Renzi, anzi contro D’Alema che per l’uomo della Leopolda è “l’anima nera” a cui si deve la scissione con i transfughi del Pd che ora sosterranno Grasso.
L’ESECUTIVO RENZUSCONI. Berlusconi e Renzi si metteranno insieme perché il nemico comune Grillo, e allo stesso modo D’Alema, vanno smacchiati con una “santa alleanza” talmente prevedibile e già prevista che, in fondo, anche l’indignazione degli italiani sembra destinata a lasciar spazio alla consapevolezza o rassegnazione che dir si voglia. Chi è destinato a farne le spese è anche Salvini con la Lega, che mai accetterebbe di far parte di un Governo con Renzi e che fosse per lui si alleerebbe con Grillo. Ma questa è un’altra storia. Il Governo di Berlusconi e Renzi, non a caso ribattezzato il Governo di Renzusconi, nelle elezioni che non avranno un vincitore e che imporranno le larghe intese, avrà tante cose in comune sulle quali i due leader hanno idee simili se non identiche: la giustizia, la Rai e le leggi elettorali, l’articolo 18 e il Ponte sullo Stretto, l’evasione fiscale e la patrimoniale, la legittima difesa e il primato della comunicazione sulla politica. E le politiche più intransigenti di Minniti consentiranno una sintesi e una comunione d’intenti pure sull’immigrazione. D’altronde se si progettano delle larghe intese su qualcosa, occorre andare d’accordo. Nazareno e Rosatellum docet