Tu chiamale, se vuoi, coalizioni. Ma anche larghe intese, governi tecnici, esecutivi di impegno nazionale. E poi c’è chi le chiama «inciucio». Le alleanze post-voto sono lo spauracchio della politica italiana. È un’ipotesi di cui i leader politici preferiscono non parlare in campagna elettorale. In questi giorni sono tutti impegnati a dire che riusciranno a ottenere le preferenze per formare un governo stabile. Ma sappiamo bene che le chances che i partiti hanno di avere la maggioranza assoluta in Parlamento sono davvero poche. In barba ai sondaggi, alla crisi della politica e ad un astensionismo galoppante i leader continuano a sperare di poter superare la soglia del 40%.
SCENARI POST-VOTO. Ma se così non fosse si andrà a nuove elezioni oppure, volenti o nolenti, si ripiegherà sulle larghe intese. Alleanze di comodo, unioni improvvisate, convergenze su alcuni temi. Molto dipenderà dai risultati del voto. Per formare un governo di grande coalizione alla tedesca serve un congruo numero di parlamentari disposti ad appoggiarlo. Il Pd e Forza Italia con molta probabilità all’inizio rimarranno fermi sulle loro posizioni ribadendo di non aver alcuna intenzione di allearsi, ma i pesanti i timori per la stabilità finanziaria del paese, le pressioni del presidente della Repubblica e la stanchezza di partiti e singoli parlamentari neoeletti di fronte all’ipotesi di una nuova campagna elettorale e nuove elezioni a breve termine, potrebbero farli cedere. Questo significa, però, che Pd, Forza Italia e partiti centristi dovranno conquistare un numero di seggi sufficiente a formare una maggioranza. Se non ci riusciranno dovranno andare pescare il supporto tra i parlamentari degli altri partiti. E non è detto che ci riusciranno. Se in Parlamento dovessero mancare i numeri per formare una grande coalizione, è possibile che ci siano quelli per formare una maggioranza con M5S, Lega e Fratelli d’Italia, tre partiti in sintonia su molti temi. Ma almeno per il momento questi scenari sembrano lontani anni luce dalle idee e proposte dei candidati, anche se la data del 4 marzo si avvicina.
NO ALLE LARGHE INTESE. Il leader di Forza Italia allontana assolutamente l’ipotesi di larghe intese con il Pd: «Siamo convinti di arrivare al 40% che ci garantirà un governo stabile per cinque anni – ha detto Berlusconi ai microfoni di Corriere Tv – e poi perché essendo stata colpa degli ultimi quattro governi l’aver portato l’Italia in questa situazione, non credo che potremmo conciliare i nostri programmi con i loro». Ma il Cavaliere non avrebbe difficoltà ad accettare il sostegno dei fuoriusciti del Movimento 5 Stelle: «Non si dice mai di no a chi è pronto a sottoscrivere il tuo programma». Un no secco ad alleanze con Forza Italia e porte chiuse ai transfughi del M5S arriva dal segretario del Pd. «Silvio Berlusconi in questa fase ha ragione quando dice che è inutile pensare a larghe intese con il Pd – ha detto Matteo Renzi a Radio Capital – Ha torto, invece, quando pensa che il Pd non tiene. Forza Italia ha votato due governi: quello di Mario Monti e quello di Enrico Letta, ma mai il mio. Agli impresentabili dei Cinquestelle Berlusconi fa un’offerta che non possono rifiutare. È un’offerta quasi commerciale. Nemmeno fosse alla Standa. Questo dovrebbe far riflettere gli elettori». E ribadisce con fermezza che il Pd non ospiterà gli ex M5s: «Noi abbiamo un’altra idea della politica». Anche il leader della Lega non pensa ad un governo di larghe intese e nemmeno ad un’alleanza con il M5S, allontanando anche l’ipotesi di Berlusconi di accogliere gli espulsi Cinquestelle nelle fila del centrodestra: «Abbiamo idee molto diverse rispetto a chi si è candidato con il M5S».
GENTILONI-BIS. Le large intese restano un tema del dopo elezioni per molti partiti. Ma c’è anche chi si dice pronto a convergere su un Gentiloni-bis. «In questi 5 anni, il centrosinistra ha dimostrato di essere la coalizione della responsabilità che si è contrapposta al fronte dell’irrazionalità alimentato dalla Lega e dal M5S – ha dichiarto al Corriere della Sera il ministro della Salute, Beatrice Lorenzìn – per questo siamo fortemente favorevoli a un Gentiloni bis». Dello stesso avviso anche Emma Bonino, leader di Più Europa: «Penso che dopo tre anni in cui abbiamo rottamato, a parole o nei fatti quasi tutto, l’Italia abbia bisogno di essere rassicurata. E Gentiloni è un premier che potrebbe restare». Si, dunque, alle larghe intese anche se non larghissime: «Non vedo bene i populisti, i violenti e il blocco sovranista, da Fratelli d’Italia alla Lega. Ma anche il M5S il cui leader, Di Maio, ha opinioni ‘geografiche’: cambiano a seconda di dove parla». Larghe intese, larghe intese no? Chi vivrà vedrà (per citare un’altra canzone). La discussione è solo rimandata al risultato elettorale del 4 marzo. Ma non è detto che ci siano delle sorprese.