Il presidente della Repubblica ci riprova. Partirà domani il secondo giro di incontri al Quirinale con le forze parlamentari e le cariche istituzionali per cercare di trovare una maggioranza in grado di dare la fiducia a un nuovo governo. Il primo giorno sarà dedicato alle forze politiche, solo nel secondo Sergio Mattarella vedrà le cariche istituzionali: i presidenti Fico e Casellati e il capo dello Stato emerito, Giorgio Napolitano. Quindi ordine invertito, rispetto al primo giro terminato giovedì scorso con una fumata nera. Ma qualcosa potrebbe cambiare. Lega e M5S che hanno appena raggiunto un’intesa sul nome del deputato leghista Nicola Molteni per la presidenza della commissione speciale della Camera. Ma sul nuovo governo Lega e Movimento 5 Stelle, infatti, sono ancora lontani dall’aver raggiunto un accordo, mentre il PD è fermo nella volontà di voler rimanere all’opposizione.
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IL CALENDARIO DELLE CONSULTAZIONI. Domani mattina a partire dalle 10 saranno ricevute al Quirinale le forze parlamentari più piccole: il gruppo per le autonomie, i gruppi misti e Liberi e Uguali. Nel pomeriggio saranno ricevute le forze politiche principali. Alle 16.30 il presidente Mattarella incontrerà il Pd, a seguire il centrodestra ed, infine, il Movimento 5 Stelle. I presidenti di Camera e Senato e il presidente della Repubblica emerito, Giorgio Napolitano, saranno invece ascoltati venerdì. Quindi ordine invertito rispetto alle consultazioni della scorsa settimana. Un’altra novità è rappresentata dal fatto che la coalizione di centrodestra si presenterà unita con gli esponenti di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia insieme al Colle. Un messaggio rivolto al capo politico del M5s, Luigi Di Maio, che nelle scorse settimane ha provato a spezzare la coalizione escludendo Forza Italia per creare un governo di coalizione con la Lega.
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IL CENTRODESTRA VERSO IL GOVERNO. Nonostante l’accordo raggiunto sulla presidenza della commissione speciale della Camera gli attriti tra M5S e Lega non mancano. Prima causo della scontro è data dal fatto che Matteo Salvini si è sempre rifiutato di rompere l’unità della coalizione. «La strada è semplice: noi vogliamo dialogare con tutti, eccezion fatta del Pd. Se gli altri non ci stanno le vie sono due: o andiamo al voto dove penso potremo vincere da soli superando chi pone veti e fa capricci, oppure, come extrema ratio, andiamo da soli, ci facciamo carico noi della situazione», per la prima volta Salvini, alla presentzione il candidato sindaco di Terni per le comunali di giugno, ha detto che in caso di mancato accordo il centrodestra potrebbe tentare di farsi affidare un incarico e governare da solo. Negli ultimi giorni diversi esponenti di Forza Italia avevano chiesto a Salvini di accettare un incarico o un pre-incarico da Mattarella, ma fino ad oggi il segretario della Lega aveva sempre escluso questa possibilità.
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ACCORDO PD-M5S. A parte queste possibilità l’altra strada percorribile per formare un governo sarebbe quella di un accordo tra Pd e Movimento 5 Stelle. Ma si tratta anche in questo caso di una strada tutta in salita perché, a parte alcuni esponenti dem come il ministro della Cultura Dario Franceschini aperti all’opportunità di entrare a far parte di un governo, una buona parte del partito ha escluso a priori la possibilità di formare una maggioranza con il Movimento 5 Stelle, come più volte chiesto da Di Maio. La linea del partito è stata confermata ieri durante un incontro dei gruppi parlamentari del PD: «Il giudizio severo del 4 marzo ci impone una riorganizzazione profonda, non siamo noi a poter esprimere una opzione di governo – afferma segretario reggente, Maurizio Martina – Ci riteniamo responsabili verso l’Italia anche da posizioni di minoranza. Non rinunciamo all’ambizione di dire la nostra sui grandi temi». Non è ancora chiaro cosa accadrà dopo questo secondo giro di consultazioni se verrà affidato un incarico pieno o un mandato esplorativo per superare i veti che al momento bloccano la possibilità di formare un governo. L’unica certezza, qualora non fosse possibile raggiungere alcun tipo di accordo, rimane quella di sciogliere le camere e a indire nuove elezioni. Una extrema ratio non contemplata dal presidente Mattarella.