Il calcio spesso regala sorprese ed emozioni. Ma in Italia no. Vince sempre la Juve. La finale di Coppa Italia si chiude con un passivo pesante, un 4-0 che non lascia apparentemente spazio a recriminazioni e discussioni. Però il Milan ha cercato, facendo il suo gioco, di dare qualche problema alla Signora, e talvolta c’è anche riuscita. Ma l’inesperienza a certi livelli dei suoi giocatori, a cominciare dallo stesso Donnarumma, forse troppo pagato per quello che ha dimostrato finora, è costata ai Diavoli una pesante debacle.
PRIMO TEMPO SCIALBO. Dopo l’esecuzione dell’inno col pubblico al solito terribilmente fuori tempo e la scelta di farlo cantare a cappella che poteva andare bene per il Brasile nel mondiale di casa, si aprono i giochi. Poche occasioni nella prima frazione e tutte subito. Prima la Juve, con Khedira troppo morbido dentro l’area di rigore, e poi il Milan, con una buona opportunità per Cutrone che si emoziona davanti a Buffon e da buona posizione gli calcia addosso. Per il resto rossoneri imprecisi negli appoggi e in difficoltà sul pressing alto dei bianconeri, ma sempre sul pezzo e potenzialmente pericolosi. Poi si procede stancamente verso il quarantacinquesimo. Ma proprio sul finale, il Milan recrimina per un fallo netto sul lato corto dell’area di rigore, meritevole del giallo, che il direttore di gara Damato però non sanziona nemmeno col fallo, affermando che il tempo fosse già terminato. Sul cronometro sembrava in realtà esserci una manciata di secondi e per i rossoneri è mancata di certo una possibilità importante, però l’errore dell’arbitro sembra più nel non ammonire l’autore del ruvido intervento su Calhanoglu, Benatia.
SECONDO TEMPO DECISIVO. Nella seconda frazione si prosegue sulla falsa riga della prima, con ritmi da finale ma con pochi sviluppi pericolosi. Poi la svolta. Al minuto 56 la Juventus si porta in vantaggio con Benatia. I rossoneri si lamentano di due presunti falli su Cutrone e Calabria. In vero Irrati, responsabile Var, richiama l’attenzione di Damato che però, certo della sua decisione, non va a visionare il video. A questo punto il Milan subisce il colpo e i bianconeri cominciano a far vedere quello che accadrà a breve. Un diluvio non di pioggia, che sull’Olimpico è caduta copiosa, ma di gol. Tutti nella porta del Diavolo. Prima Dybala si rende pericoloso con una grande giocata con un dribbling nello stretto e un grande tiro da fuori, sul quale Donnarumma si supera. Poi però il numero uno del Milan inizia la sua serata da incubo. Prima sbaglia clamorosamente sul gol del 2-0 di Douglas Costa, ammonito per essersi tolto la maglia esultando, e poi riesce a far peggio sul 3-0 di Benatia, autore inaspettato di una doppietta, regalando la palla al marocchino senza che ci fossero apparenti pericoli. E il portiere rossonero non sembra esente da colpe nemmeno sul 4-0, quando Kalinic anticipa il suo intervento in un uscita insaccando la sua stessa porta. Il Milan d’orgoglio cerca di reagire, prende anche un palo su un goffo intervento di Matuidi, che stava per emulare Kalinic insaccando la porta di Buffon, ma la sfortuna nega anche la rete della bandiera. Finisce così 4-0. Un risultato forse pesante e che sicuramente è dettato dalla brutta prestazione di un singolo, ma alla fine giusto nell’assegnare l’ennesimo titolo nazionale alla Juve.
LE RAGIONI DEL DIVARIO. La Juve si è approcciata meglio alla partita, nonostante Gattuso prima dell’incontro avesse anticipato un Milan combattivo come in una finale di Coppa del Mondo, e mette in difficoltà i rossoneri. L’impressione più grande è stata data dagli stessi giocatori in campo. Con quelli bianconeri più rilassati e sicuri e i rossoneri al contrario tesi e contratti. Il simbolo del nuovo Milan, quel capitan Bonucci nelle intenzioni successore di Baresi e Maldini, ha fatto vedere il suo nervosismo nell’affrontare gli ex compagni di grandi successi, nonostante il difensore anche della Nazionale sia l’uomo con più esperienza tra i rossonesi. E poi il tasso tecnico delle due rose non ha confronti. Il Milan aveva in campo parecchi ragazzini. È naturale dunque chiedersi, al netto delle papere vistose di Donnarumma, se Mandzukic avrebbe fallito la stessa opportunità gettata alle ortiche da Cutrone. I bianconeri hanno vinto oggi una finale, senza neanche troppi problemi, prendendosi il lusso di lasciare in panchina un certo Higuain, che giocherebbe titolare anche le partitelle del giovedì con la primavera in qualsiasi altra squadra. L’esperienza e una rosa più forte fanno sì che oggi, dati alla mano, la Juve non abbia rivali in Italia. Anche l’exploit del Napoli in campionato non sembra altro che un fuoco di paglia, e le storie tese tra De Laurentiis e Sarri non fanno altro che dimostrare che i partenopei stenteranno a dare inizio a un ciclo realmente vincente. Così la Vecchia Signora continua ad essere padrona d’Italia. Sette scudetti e quattro Coppa Italia, titoli tutti vinti consecutivamente. Al momento non ci sono avversari che, anche sulla carta, possano competere con la Juve, e salvo clamorose azioni di mercato delle altre squadre, probabilmente l’anno prossimo saremo di nuovo qui a celebrare l’ottavo scudetto consecutivo e il quinto alloro di fila in Coppa Italia. Ai bianconeri non resta che dimostrare il proprio valore anche in Europa, dove finora sono arrivate solo piazze d’onore. Troppo poco per chi afferma che vincere è l’unica cosa che conta. Al di là di come la vittoria poi la si ottiene. Sarà il 2019 l’euro anno della Juve?