Le colpe dei padri non ricadano sui figli. Nel recente passato, i casi Consip e Banca Etruria hanno messo al centro delle cronache i papà dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi e quello del suo ministro, Maria Elena Boschi. Adesso tocca al padre del vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio. «Le vicende sono totalmente differenti», puntualizza Antonio Di Maio a chi gli fa notare analogie con il caso del padre di Renzi. «Stanno cercando di colpirlo, ma Luigi non ha la minima colpa»: Di Maio senior in una intervista al Corriere della Sera rompe il silenzio dopo la polemica sui lavoratori in nero nell’azienda di famiglia e il sequestro di alcuni beni sui terreni di loro proprietà.
«Mio figlio, giustamente – afferma Antonio Di Maio – ha preso le distanze dagli errori che ho commesso, ha garantito subito la massima trasparenza presentando tutte le carte. Non si è sottratto alle domande, non ha fatto nulla per favorirmi o nascondere fatti e ha fatto bene. Lo conosco, è mio figlio, non avrebbe potuto avere altro comportamento perché è una persona onesta». C’è però chi ha chiesto le dimissioni del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economica. «È la cosa che mi dispiace di più – dice Di Maio senior nell’intervista -. Hanno attaccato Luigi con una ferocia spropositata. Stanno cercando di colpirlo ma lui non ha la minima colpa. Non era a conoscenza di nulla. Le mie responsabilità non possono ricadere sui miei figli. Tornare indietro non si può ma se potessi riavvolgerei il nastro per non ripetere gli errori del passato. Questo non è possibile quindi posso solo dire che mi dispiace».
Sui lavoratori in nero, da lui ammessi dice: «Come papà ho sempre cercato di tutelare la mia famiglia. Sono pronto a rispondere dei miei errori. Ma dovete lasciar stare la mia famiglia, i miei figli che non c’entrano nulla con tutto questo. Quando si commettono degli errori li si nasconde ai propri figli perché si ha paura che possono perdere la stima nei tuoi confronti. Io volevo che i miei figli fossero orgogliosi del loro papà. E ora non so se è così ed è la cosa che mi fa più male. Abbiamo sempre detto ai nostri figli che era tutto in regola». Poi chiarisce anche la posizione del figlio sulle accuse di aver lavorato in nero: «Luigi ha lavorato per l’azienda di famiglia da febbraio a maggio 2008 regolarmente contrattualizzato; d’estate qualche volta mi accompagnava al cantiere. Tenevo molto a questa attività, ha sempre avuto per me un valore anche affettivo. Luigi non ha mai gestito questa azienda, ne era solo socio».