È stato l’intervento del premier Conte a sbrogliare una situazione intricata sull’avanzamento dei lavori della Torino-Lione, che rischiava di trascinare Lega e M5s verso una crisi di governo. I bandi del tunnel di base della Tav partiranno solo per i lotti francesi. La Telt, la società italo-francese incaricata di realizzare l’opera, ha confermato che «i capitolati di gara non partiranno senza l’avallo del Governo italiano e francese» e che, al momento, si limiteranno «esclusivamente a svolgere mere attività preliminari, senza alcun impegno per l’Italia». L’Italia prende tempo per avviare i colloqui con la Francia e con l’Unione europea alla luce delle più recenti analisi costi-benefici.
Lunedì, dunque, il cda di Telt autorizzerà soltanto la pubblicazione degli «inviti a presentare la candidatura» (avis de marchés) relativamente agli interventi dei lotti francesi del tunnel di base. Dopo queste «attività preliminari», il meccanismo del bando prevede una prima fase, della durata di sei mesi, in cui verranno raccolte le manifestazioni di interesse da parte delle imprese che vogliono partecipare alla costruzione dell’alta velocità. Successivamente a questa disamina verranno incaricate le imprese e i lavori partiranno. Ma esiste una clausola “paracadute” che permette di fare marcia indietro sulla realizzazione dell’opera.
LEGGI ANCHE: Tav, sull’orlo di una crisi di governo
La clausola di dissolvenza potrebbe far slittare o bloccare l’opera prima dei capitolati: in questo caso si farebbe assai concreta la possibilità che l’Italia perda del tutto i finanziamenti della Ue e li debba restituire: 800 milioni circa, 300 dei quali già erogati. Bruxelles entro il 31 marzo dovrà, dunque, decidere se mantenere o meno i finanziamenti per la Torino-Lione destinati all’Italia. Non solo: la paralisi esporrebbe il cda Telt a un processo per danno erariale.
Ma il destino della Tav è legato ad un trattato internazionale tra Italia e Francia ratificato dal parlamento nel gennaio del 2017. Dunque, se prevalesse la linea del M5s con un addio definitivo all’opera, sarà necessario un nuovo voto del parlamento. Ammesso che il fronte No Tav raggiunga la maggioranza in Camera e Senato un’uscita unilaterale dal trattato non è possibile. Anche Parigi dovrebbe fare altrettanto ma i francesi sono decisi a proseguire. Cosa accadrà? In base alla convenzione di Vienna del 1969 le controversie sui trattati internazionali devono essere risolte da un arbitrato.